martedì 6 dicembre 2016

TOPOLINO ALL'INFERNO

Recentemente, è stato ripubblicato, a cura della casa editrice GIUNTI,
L'Inferno di Topolino.

Pubblicato per la prima volta nell'ottobre del 1949. Questa storia è apparsa in sei puntate su Topolino dal n. 7 al n. 12. Divenuta immediatamente un classico, è stata più volte pubblicata fino ai nostri giorni. Lo sceneggiatore è Guido Martina, un autore di profonda cultura, basti pensare che in questo fumetto tutte le didascalie sono in rima come nell'opera originale. I disegni sono di Angelo Bioletto, un artista poliedrico che si è distinto  nell'ambito della pittura e dell'animazione. Sempre ispirata all'opera di Dante è L'Inferno di Paperino, pubblicata Topolino n. 654 nel 987 e realizzata da Giulio Chierchini, coadiuvato da Massimo Marconi che ha verseggiato testi. Anche in questo tratta di due prolifici artisti Disney che hanno creato del volume, un episodio dedicato al sommo poeta intitolato Messer Papero e il Ghibellin fuggiasco, primo episodio di una saga che si sviluppa in sette puntate, realizzato da Giovan Battista Carpi e Guido Martina, e pubblicato su Topolino n. 1425 nel 1983. 
Testi Guido Martina didascalia in versi

Disegni Angelo Bioletto
Collana 1ª ed. Topolino n. 7-12
1ª edizione ottobre 1949 – marzo 1950

«Io son nomato Pippo e son poeta
Or per l'inferno ce ne andremo a spasso
Verso oscura e dolorosa meta.»

L'inferno di Topolino è la parodia Disney dell'Inferno dantesco, pubblicata sui numeri 7-12 di Topolino dall'ottobre 1949 al marzo 1950. Gli autori sono lo sceneggiatore Guido Martina e il disegnatore Angelo Bioletto; oltre che dei consueti dialoghi nei balloons, Martina è anche autore di un complesso tessuto di didascalie in versi che accompagnano per intero la storia. Si tratta di un vero "poema" in terzine dantesche (endecasillabi in rime incatenate secondo lo schema ABA BCB), sforzo che frutterà a Martina la menzione del nome nella prima vignetta, cosa eccezionale visto l'anonimato in cui lavoravano gli autori disneyani dell'epoca. L'Inferno di Topolino, oltre a essere considerata uno dei capolavori di Martina, è stata la prima Grande Parodia Disney italiana.
La storia si apre con il finale di una recita teatrale della Divina Commedia con Topolino nella parte di Dante e Pippo in quella di Virgilio. Invidioso del successo riscosso, Gambadilegno fa ipnotizzare da un complice i due nemici di sempre, i quali continuano a comportarsi come Dante e Virgilio. Dopo una sfuriata di Minni, presa da Topolino per Beatrice, Topolino e Pippo si recano in biblioteca per saperne di più su quel Dante per cui devono "soffrir tanti martìri"; alle prese con un gigantesco tomo della Commedia, i due cadono ben presto in preda al sonno, e Topolino viene catturato dal ramo di un albero dell'illustrazione (di Gustave Doré) della selva e portato all'Inferno... Qui incontra ben presto Pippo-Virgilio, e inizia la loro lunga peregrinazione alla volta della "oscura e dolorosa meta" dove pregare Satana di farli uscire dal "doloroso passo".

Il viaggio dei due è suddiviso in Canti sul modello della Commedia.

Canti I-II: il Canto I non è presente nella storia, che inizia dal secondo con la scena della selva oscura. Tuttavia il celeberrimo incipit "Nel mezzo del cammin di nostra vita" viene parodizzato nell'introduzione da "Correva l'anno tal dei tali"; inoltre la scena del sonno di Topolino e Pippo corrisponde al verso dantesco "Tanto era pien di sonno in su quel punto". Topolino, nella valle che gli ha "di paura il cor compunto", incontra subito Pippo a bordo di una vecchia bicicletta; dopo una breve spiegazione, Topolino viene incoraggiato da Pippo ("Muoviti, ribaldo!") (nell'edizione originale l'incitamento di Pippo/Virgilio era "muoviti maledetto", che poi è stato, per motivi oscuri, forse di censura, modificato in "muoviti, ribaldo", e in "muoviti, insomma" in altre edizioni) e alcuni diavoli ad intraprendere il viaggio verso il profondo Inferno.
Canto III: Topolino e Pippo non incontrano né la lupa né la lonza, ma in compenso un leone con le mansioni di vigile tenta di multarli per l'assenza di fanale e catarifrangente. Topolino si libera del leone con un gancio sinistro, e i due viandanti giungono infine alla porta dell'Inferno. Tra le iscrizioni presenti, campeggia "Tenere la sinistra: la destra è stata smarrita" che parodizza il dantesco "sì che la diritta via era smarrita". Topolino e Pippo si presentano al cospetto di Caronte, il quale tenta di allontanarli ma poi accetta di imbarcarli dopo aver saputo che sono poeti (e quindi "sempre morti di fame"), anche se Topolino si confonde presentandosi come colui che ha cantato "le donne, i cavalier, l'armi, gli amori" (al che, Pippo lo sgrida: "Per Giove, sei un ignorante: l'ha scritto Ariosto, non l'ha scritto Dante!")
Canto IV: Topolino e Pippo entrano nel limbo, in cui gli studenti si vendicano di coloro "che fanno tristi gli anni della scuola": Orazio, Platone, Cicerone, e soprattutto la personificazione dell'Aritmetica. Poi incontrano - come Dante - Omero e Giulio Cesare, ma anche la personificazione del Sofisma e della Filosofia.
Canto V: Topolino e Pippo scendono nel secondo cerchio, in cui nel salone di bellezza di Minosse vengono puniti i vanitosi che "in testa non avevano cervello/ma solo brillantina sui capelli". Nella Commedia Dante incontra - dopo Minosse - i lussuriosi (tra cui Paolo e Francesca) che volano in balìa del vento: nella storia ciò si traduce in una bufera che travolge coloro che si "davano arie".
Canto VI: I due protagonisti si ritrovano nel cerchio dei golosi, e scampano per poco a Cerbero; Pippo cade nella padella di un diavolo che lo offre a Qui, Quo, Qua a mo' di cappone. I tre fratelli, però, salvano Pippo e tornano in Terra redenti dalla buona azione. Nella Commedia e nella storia il canto si chiude con il verso "Quivi trovammo Pluto, il gran nemico".
Canto VII: Topolino e Pippo incontrano in effetti il cane Pluto, che Pippo riesce a distrarre con un osso di seppia per canarini. Come nell'Inferno, in questo canto troviamo avari e prodighi: Topolino e Pippo incontrano tra gli avari il cassiere Eli Squick, che "sol godeva udendo fare click / Nel chiudere il portello del forziere".
Canto VIII: I due "poeti" entrano - come Dante e Virgilio - nella barca di Flegias per attraversare la palude Stigia, dove sono puniti i litigiosi ("Sembra di assistere a una partita di calcio!"). Come Dante viene aggredito da Filippo Argenti, Pippo viene assalito da un professore che pretende di dargli zero in tutte le materie (la satira dell'ex-insegnante Martina contro i colleghi "che gli studenti fanno viver grami"). Scesi dalla barca, giungono alle porte della città di Dite ("Città di Dite - Riscaldamento autonomo"), ma come nell'Inferno una guardia di diavoli impedisce il passaggio. Se nel canto Nono dell'Inferno giungeva un messo del cielo ad aprire la porta, nella storia interviene Dumbo che potrebbe portare in volo Topolino e Pippo se non avesse il "serbatoio vuoto". A questo punto calano su di loro le due furie Eulalia ed Enza, che soffiano dal naso un ciclone di fiamme: Topolino le sfrutta quindi come motore a reazione legandole ai fianchi di Dumbo.
Canto IX: Topolino e Pippo sorvolano l'area degli "scoperchiati avelli" in cui, invece degli eretici, sono puniti gli iracondi che "prendevano fuoco troppo facilmente".
Canto X: Dante qui ha un battagliero colloquio con il guelfo Farinata degli Uberti; Topolino trova invece Gambadilegno, che lo sfida ad un incontro di lotta. Tale incontro prende le sembianze di un vero evento sportivo, con Cucciolo (che dovrebbe essere muto) nella parte di radiocronista. Infine, da un'arca salta fuori Paperino, che vorrebbe fuggire ma viene rinchiuso da Topolino e Pippo: scaglia quindi una maledizione ("Vi seguirò per tutto l'inferno!").
Canto XI: Saltato per sfuggire a Paperino.
Canto XII: Il Minotauro dantesco è rappresentato da Toro Seduto in motocicletta; in luogo dei centauri, poi, Topolino e Pippo incontrano I tre caballeros su un tappeto volante: Paperino, José Carioca e Panchito. Paperino continua a mostrarsi ostile, e viene congedato da Topolino con un calcione ("Guarda la virtù mia s'ell'è possente!").
Canto XIII: Analogamente alla Commedia, Topolino-Dante e Pippo-Virgilio si addentrano in una squallida selva "in cui già padre Dante aveva notate / non fronde verdi, ma di color fosco". Alberi secchi, prati polverosi, frutti velenosi rendono la selva somigliante al "Parco di Milano". Topolino e Pippo riescono a salire su un minuscolo treno in transito, ma la loro corsa termina ben presto contro un albero. I due amici vengono assaliti dalle Arpie, che inizialmente hanno le sembianze della strega di Biancaneve e poi si rivelano essere tanti Paperini inferociti. Tentando di scacciarli, Topolino stacca un ramo da una pianta, ma si accorge di aver lacerato un peccatore tramutato in albero (come Pier della Vigna). Si tratta di Cosimo, giovane cugino di Clarabella, che spiega come nella selva siano puniti i violenti contro le cose e in particolare gli studenti che danneggiavano banchi e muri. Il contrappasso consiste nell'essere usati per costruire banchi scolastici, posti in un'aula popolata di somari (invece delle cagne dantesche) e sistematicamente distrutti a calci. A interrompere la pena è l'intervento della Fata Turchina (erroneamente chiamata Biancaneve), con l'aiuto del Grillo Parlante che convince i bambini a ottemperare ai propri doveri con coscienza.
Canto XIV: Non viene citato (nella Commedia vi sono i violenti contro Dio).
Canto XV: Qui Dante incontra, tra i violenti contro la natura (i sodomiti), il vecchio maestro Brunetto Latini, con il quale ha un cordiale dialogo. Analogamente Topolino, procedendo in un deserto su cui piovono fiamme, incontra il suo vecchio maestro di scuola: egli è punito per l'aver "predicato bene" e "razzolato male". L'interpretazione delle fiamme cambia radicalmente: se nella Commedia rappresentano la passione insana, nella storia sembrano neve e in realtà sono fuoco, come i peccatori che sembrano buoni e in realtà sono malvagi.
Canto XVI: Saltato perché "contiene gli stessi peccatori del XV, e poi sappiamo già di cosa si tratta!".
Canto XVII: Dante e Virgilio scendono in Malebolge in groppa al mostro che simboleggia la frode, Gerione; Topolino e Pippo si affidano a un drago che li avverte: "Stiamo entrando nella parte più terribile di tutto l'inferno!". Al "Gran Bar di Malebolge", infatti, sono puniti i "frodatori" - tra cui Fratel Coniglietto - a mollo in un mare di pece con le sembianze di cioccolata, che richiama la pena dei barattieri del canto XXI dell'Inferno. Viene parodizzato anche l'inganno dello scaltro Ciampòlo ai danni dei diavoli nel canto XXII: Fratel Coniglietto riesce a fuggire alla pena trascinando al suo posto Compare Orso.
Da qui in poi i numeri dei canti non sono più segnalati, ma alcuni si possono ricostruire a partire da episodi corrispondenti nella Commedia.
Canti XVIII-XIX: Non presenti. Nella Commedia vi sono i ruffiani e seduttori, gli adulatori e i colpevoli di simonia.
Canto XX: Come Dante, Topolino e Pippo incontrano gli indovini (ed Eta Beta), costretti a girare come trottole con un sacco sulla testa. Curiosità: alcuni di essi sono raffigurati con delle schedine davanti a un tabellone di risultati di partite di calcio, tra cui spiccano "Venezia-Juventus 12-0", "Inter-Milan 6-1"" Internazionale e Totò-Macario 0-0".
Canti XXI-XXII: Vedi Canto XVII.
Canto XXIII: Qui Dante trova gli ipocriti, mentre Topolino e Pippo assistono alle pene dei suggeritori e degli alunni che marinavano la scuola fingendo di essere malati.
Canti XXIV-XXV: Invece dei ladri della Commedia, Topolino e Pippo trovano Ezechiele Lupo alle prese con I tre porcellini: dopo il tentativo fallito di rapirli per mangiarseli, il "re dei ladri" viene ridotto a mal partito da un'esplosione, un attacco di galline (corrispettivo dei serpenti danteschi) e un tiro di schioppo.
Canto XXVI: Il celeberrimo canto di Ulisse. I consiglieri fraudolenti, nella storia, sono i giornalisti. Topolino e Pippo incontrano Flip, l'animaletto di Eta Beta, all'avvicinarsi del quale "la verità viene a galla": e infatti i giornalisti iniziano a scrivere per terra con la lingua "Io fui bugiardo". Poco più in là i due incontrano una fiamma cornuta che racchiude (invece di Ulisse e Diomede) le due anime di Paperino: una metà buona e l'altra cattiva. Topolino e Pippo riescono a spegnere la fiamma cattiva, e così il Paperino "buono" accompagna i due amici verso la "Gelateria della Giudecca".
Canti XXVII-XXXII: Non presenti.
Canto XXXIII: Il canto del Conte Ugolino. Topolino incontra l'arbitro di calcio Ugolino, intento a rosicchiare un pallone, che gli racconta la sua fine ("Parlare e lagrimar vedrai insieme!"): egli arbitrava a Pisa "una partita / ch'avea in palio il titolo di campione", e per salvare la squadra che gli aveva dato un milione, non fischiò un rigore. Egli morì, infine, per gli accidenti lanciati dai tifosi. Ugolino dà un morso ancora più forte al pallone ("Ahi football, vituperio delle genti!") causando uno scoppio che catapulta Topolino, Pippo e Paperino verso la voragine dell'inferno più profondo.
Canto XXXIV: Dante vede Lucifero al centro del lago di Cocito intento a maciullare Giuda, Bruto e Cassio. Ne descrive la mostruosità e il cammino compiuto da lui e Virgilio sul suo corpo, salendo per un oscuro cammino a "riveder le stelle". Topolino, da parte sua, incontra lo stesso Dante che punzecchia con una gigantesca penna i "traditori massimi", cioè gli autori della storia. Essi confessano di averlo tradito scrivendo e disegnando la parodia del suo Inferno; Topolino tuttavia ferma Dante e gli fa sentire il coro dei ragazzi felici per aver letto la storia. Al grido di "Perdono!" e "Assoluzione!", Dante assolve "con la condizionale" i due autori, che lo ringraziano e promettono di non tradirlo più. Dante, infine, vedendo partire i tre pards e i due autori lascia loro il suo ultimo messaggio: se nella Commedia gridava "Ahi, serva Italia, di dolore ostello!" oggi affida al suo verso "la certezza / D'una speranza bella e pura" (si ricordi che l'Italia era appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale), concludendo il canto con "Il ciel per te s'accenda di fiammelle / Splendenti a rischiararti ancor la via / Sì che tu possa riveder le stelle! Dio ti protegga, Italia. Così sia!".