sabato 22 ottobre 2016

I FUMETTI, LA POP ART E LA MUSICA TRA GLI ANNI 1960 - 1970

Non poteva mancare il fumetto nell'espressione della POPART e, di conseguenza, la realizzazione di copertine di album. Capostipite e guru di questo movimento artistico, fu Andy Warhol. Uno studio al quinto piano di un palazzo newyorkese, al 231 East 47th Street, tra il 1962 e il 1968 fu il cuore pulsante di una vera e propria rivoluzione artistica, guidata da un genio. Era The Factory, la "fabbrica", il luogo in cui Andy Warhol creava la magia: nato come punto di ritrovo per artisti, vi orbitarono numerosi personaggi, un vero e proprio entourage per Warhol, che lavorava giorno e notte ai suoi dipinti. Alla Factory vennero create le famose serigrafie, ma non solo: le persone di cui dicevamo prima aiutavano l'artista a creare i suoi dipinti, ma recitavano anche nei suoi film, e, nel cosiddetto "tempo libero"  venivano date feste molto frequentate. Lo studio ai tempi era noto anche come "Silver Factory" perché era stato decorato dal fotografo Billy Name con stagnola e vernice argentata, e gli anni passati alla Factory diventarono noti anche come l'Età d'Argento, non solo per il colore del luogo, ma anche per lo stile di vita che si conduceva al suo interno (la stagnola è un riferimento all'uso di droghe). Warhol usava la Factory anche come laboratorio per produrre, chiamiamolo così, merchandising e opere su commissione. Qui creò la copertina del disco di debutto dei Velvet Underground di Lou Reed "The Velvet Underground & Nico", l'iconica banana gialla (che poteva essere pelata, rivelando una 'sorpresa'). Tra l'altro Andy incluse la band, che faceva le prove proprio nello studio, in uno spettacolo che univa arte, rock, immagini, film e ballerini: "Exploding Plastic Inevitable". Nel 1968 Andy spostò la Factory al sesto piano del Decker Building (33 Union Square West), vicino al celebre locale Max's Kansas City. Una curiosità: al di là della 'Factory' originale, anche gli altri studi in cui l'artista ha lavorato hanno portato lo stesso nome. Purtroppo oggi l'edificio che ospitava la Factory non esiste più, ma questo studio resterà per sempre nella leggenda. Qui sotto, riportiamo una serie di cover di album, più o meno famosi, che si rifanno alla POP ART, ma, sopratutto, ed è quello che ci interessa, al fumetto.

Pino Antonelli
 
The Velvet Underground & Nico


Artista: The Mothers of Invention
Titolo: WeaselsRipped My Flesh
Illustratore: Neon Park - 1970


Artista: Big Brother & The Holding Co.
Titolo: Cheap Trills
Illustratore: R. Crumb - 1968

Artisti vari, Titoli vari
Illustratori: John Pruitt, David Antsey, Neal Adams, Keith Davis, Neon Park, Glenn Ross, Jim Fitzpatrick,
Andrew Butcher, Plastoc Dogs Graphics, Chris Frayne
anni: 1971 - 1975

Artista: Quicksilver Messenger Service a The Avalon Ballroom
Illustratore: Rick Griffin - 1970

Artisti: Vari, Titoli vari
Illustratori: Paul Gruwell
anni: 1960 - 1967

Artisti: sx. Beans
Titolo: Beans
Illustratore: John Van Hamersveld - 1972
Artisti: dx.Jimmy McGriff
Titolo: Black Pearl
Illustratore: John Van Hamersveld - 1972

Warner Brothers Music Show - 1971


Titolo: Aragon Ballroom
Illustratore: Jayzey Lynch - 1970



giovedì 20 ottobre 2016

I RUMORI ED I SUONI ONOMATOPEICI - STUDIARE PARTE SECONDA

I RUMORI ED I SUONI ONOMATOPEICI

I suoni e i rumori cosiddetti onomatopeici, vengono rappresentati nei fumetti cartacei, in modo grafico. Nei comics pubblicati nel web, si possono aggiungere animazioni, suoni e rumori, sconfinando nel territorio del cartone animato. Qui sotto, un elenco dei suoni e rumori più rappresentati nel fumetto.



STUDIARE PER CONOSCERE (parte seconda)
Tanto su Internet si trova di tutto, l'abbiamo già scritto nel post precedente ed anche in questo caso, è vero. Video Youtube, blog più o meno qualificati, siti internet specializzati e corsi, tanti corsi, perlopiù finanziati con soldi pubblici e che spesso, promettono successo ed illusioni. Il mercato dell'editoria è in crisi ed è davvero difficile fare del mestiere del fumettista, un vero e proprio lavoro. ma si può anche fare per passione oppure, tentare, magari qualche editore (specialmente straniero) ancora è disposto a far lavorare un giovane dotato. Per quello che ci riguarda, alla fine ciò che conta è STUDIARE e, a tale scopo, chi scrive preferisce ancora un buon libro. Qui sotto pubblico un'immagine di alcuni testi in mio possesso che consiglio (la maggior parte ancora si trovano in vendita, magari in rete). per qualunque informazione, potete scrivermi, cercherò di rispondere a tutti. In ogni caso, seguiteci, diventate nostri followers, non ve ne pentirete!


martedì 18 ottobre 2016

GIOVANI AUTORI: DAVID FERRACCI - STUDIARE PER CONOSCERE

L'AUTORE

Uscito dall'Istituto d'Arte, David Ferracci comincia a lavorare in vari studi di grafica pubblicitaria. Frequenta la Scuola Internazionale di Comics proseguendo, così, il suo percorso nel mondo del Fumetto. Attualmente collabora con la rivista Terrenostre come illustratore, grafico e tecnico del montaggio video. Disegna per la serie Dead Blood edita da Noise Press e su Mostri edito da Bugs Comics. E possiede una cassettiera per tutti i sogni che vuole realizzare. A Lucca sarà presente presso gli stand delle due case editrici per dedicare e disegnare le copie di Dead Blood #3 e Mostri #4 per cui ha disegnato delle storie all'interno.


David al lavoro e due sue tavole tratte da Dead Blood e Mostri


INTERVISTA BREVE

D- Immagino che il disegno sia stata la tua passione sin da bambino. Quando hai capito che sarebbe diventata la tua professione?
R- Quella del disegno è sempre stata una costante da quando ero piccolo, non ho memoria lucida dell'origine. Diciamo che posso risalire a quando avevo 4 anni circa, quando cominciavo a disegnare i primi elefanti di profilo con un occhio solo invece che due come tutti i bambini sani di mente.Appena appresi i primi rudimenti della lettura mio nonno inaugurò l'appuntamento del mercoledì comprandomi Topolino. Cominciavo così a prendere carta e bic e ricopiare i personaggi più disastrati, come Paperino per esempio, e devo dire che con Topolino non ho appreso solo a disegnare ma anche a scrivere, diciamo che ha arricchito a modo suo il mio vocabolario. Poi ovviamente casa di mio nonno era sempre piena di Tex, Zagor e Dylan Dog. Siamo tutti un po' figli del bianco e nero.

D- Consiglieresti ad un giovane di oggi, di intraprendere la strada dell'illustrazione e del fumetto?
R- Beh mi stai offendendo così hehehe... Il giovane in questione sono io. Due anni fa ho cominciato a propormi alle case editrici durante le fiere del fumetto e ho all'attivo 4 pubblicazioni con Noise Press e Bugs Comics. Sicuramente consiglierei di intraprendere la professione a tutti coloro che sentono di doversi esprimere attraverso la narrazione visiva, con tutti i sacrifici del caso.

D- Quali difficoltà riscontri nella tua attività, con l'editoria italiana?
R- Come dicevo prima, data la mia recente attività nell'ambiente, non ho ancora assaporato tutto lo spettro cromatico diciamo. Una cosa che mi ha colpito è la lentezza nell'evoluzione e nell'aggiornamento. Siamo ancora ancorati a vecchi modi di concepire il prodotto finito...e ti parla uno che la vecchia scuola ce l'ha sempre sulla scrivania, ma non è questo il punto. Ti parlo di innovazione nella tecnologia come mezzo di fruizione. Ovviamente il discorso è a doppio senso di marcia, riguarda sia l'editoria che i fruitori, è un Uroboro. Quello che all'estero è uno starting pack qui sembra faticare ad entrare. Comunque tutto ciò sta cominciando a farsi sentire oggi e sono felice, soprattutto nelle piccole case editrici che prestano parecchia attenzione alla cura del prodotto sia cartaceo che digitale. Soprattutto vedere reparti interi dedicati al fumetto.

D- Puoi descriverci brevemente, le tecniche che usi? Digitale, tradizionale o entrambi?
R- Dipende dal tipo di storia che tratto. Posso riassumere il mio approccio così: Essendo in una fase "additiva" non mi piace limitare le mie tavole alla sola tecnica a china tradizionale, ma rifinire il tutto in digitale. Questo sia per esigenze di ricerca stilistica che di tempo di realizzazione. Non ho problemi nell'usare qualsiasi tipo di strumento con qualsiasi tecnica dalla più grafica e sintetica alla più pittorica, soprattutto nell'illustrazione dove mi sento più libero.

STUDIARE PER CONOSCERE

Tanto su Internet si trova di tutto, c'è anche Wikipedia, se uno si vuole informare. Vero. ma è anche vero che non si può "studiare" solo con internet; spesso, chi scrive è superficiale, poco documentato e, a meno che non si vogliano spendere soldi per acquistare libri, siano cartacei che digitali, è difficile approfondire davvero un argomento. Il vantaggio di seguire siti specializzati o blog (come questo :)), è che c'è qualcuno che studia per noi e diffonde le proprie conoscenze e la propria passione. E' quello che tentiamo di fare con questo blog. Seguiteci se siete appassionati o interessati e diffondetelo; più saremo e più chi ci lavora, sarà stimolato a proseguire.

Alcuni testi, alcuni datati, sui quali ci documentiamo.







lunedì 17 ottobre 2016

UN(a) BRECCIA NELLA ROCCA DI SPOLETO

C'è ancora tempo, fino al 29 ottobre, per visitare la mostra di Enrique Breccia e il suo TEXONE presso la Rocca albornoziana di Spoleto. Nel video, la nostra piccola escursione per chi non ha potuto o non può visitarla. Chi è Enrique Breccia?
Enrique Breccia nasce a Buenos Aires (Argentina) nel 1945. Figlio del grande Alberto Breccia, esordisce illustrando insieme a lui la "Vida del Che" (1968), su testi di Héctor G. Oesterheld. Nel 1972, collabora con l'inglese Fleetwaydisegnando "Spy13" sotto pseudonimo, e con le riviste "Linus" e "Alter Linus", dove pubblica storie belliche di cui cura anche la sceneggiatura. Dal 1976, lavora su storie di Carlos Trillo ("El Buen Dios", "Alvar Mayor", "Robin delle stelle", "Marco Mandrillo"); nel 1983, illustra "Ibâfiez", scritto da Robin Wood. Come autore completo, ha adattato molti classici della letteratura e creato capolavori quali "Il collezionista di sogni" e "Il cacciatore del tempo". Dal 2000, inizia a collaborare con le Case editrici statunitensi Marvel e DC Comics, e, dal 2011, con la francese Delcourt ("Le Sentinelle"). Attualmente, vive a Spoleto.



ALBERTO BRECCIA (Montevideo, 15 aprile 1919 – Buenos Aires, 10 novembre 1993). Disegnatore uruguaiano nato nel 1919 a Montevideo e trasferitosi successivamente in Argentina. Nel 1936 Breccia cominciò a lavorare nel campo del fumetto collaborando con alcuni periodici di Buenos Aires e realizzando un certo numero di personaggi a fumetti dei quali, circostanzialmente a questo periodo giovanile, solo uno, Mufa, un Detective Oriental (1936) riscosse un certo gradimento. Nel 1941 Breccia si trasferì in Brasile per poi ritornare a Buenos Aires dove realizzò Vito Nervio dal 1947 al 1959. Nello stesso periodo diede vita anche ad El Vengador (Il vendicatore), pubblicato sul periodico El Gorrion ed a Jean de la Martinica apparso sulle pagine di Patoruzito. Alcuni suoi lavori comprendono La Ejecucion realizzata, per i testi, da Hector Oesterheld, soggettista di ulteriori creazioni di Breccia quali Richard Long, Pancho Lopez, pubblicati entrambi in riviste che avevano lo stesso nome di testata, e Sherlock Time che Breccia realizzò nel 1958 per il periodico Frontera. Con quest'ultimo personaggio l'autore ha iniziato il suo ciclo stilistico più ambizioso e complesso, ristrutturando il suo disegno sia nei tagli che nelle ambientazioni. Nel 1960 Breccia iniziò un lungo viaggio attraverso l'Europa ed in tale periodo, grazie a contatti fornitigli da Hugo Pratt,  stipulò un contratto con la Fleetway Publications di Londra con la quale ha collaborato per la realizzazione di molte storie e personaggi. Nel 1962 Breccia tornò in Argentina e nello stesso anno, creò Mort CinderNel 1968 si assunse il compito di realizzare graficamente El Eternauta e contemporaneamente, realizzò una personalissima opera, La Vida del Che (La vita di Che-Guevara), che venne sottoposta ai rigori ed ai tagli della censura. Trascorse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi ad un progetto cui pensava da anni, la trasposizione in immagini delle controverse storie di Lovecraft, Los Mitos de Cthulhu (I miti di Cthulhu).
Alberto Breccia

giovedì 13 ottobre 2016

IL PERSONAGGIO: Banana Oil - LA TECNICA: La carta

IL PERSONAGGIO


BANANA OIL (Stati Uniti)
Serie a vignette creata nel 1921 da Milt Gross e apparsa per la prima volta, nello stesso anno, sul New York World in un formato che si avvicinava alla striscia. Non vi appariva alcun personaggio fisso mentre l'elemento ricorrente era il motto « Banana Oil » (alla lettera, olio di banana) che stava a significare più o meno il commento ad una situazione impossibile. Un esempio pratico: in una di queste vignette, si vede un omino che legge con attenzione un testo pubblicitario sulle arti del ju-jitsu secondo il quale egli sarà in grado, dopo l'addestramento, di difendersi da chiunque; nella vignetta successiva appare un rapinatore grande e grosso che gli punta contro una pistola, nella terza si vede il meschinello che salta addosso al bandito e, nell'ultima, si vede l'omino in una bara dalla cui bocca esce il sarcastico commento di « banana oil! ». Banana Oil che dapprima venne pubblicato su quotidiani piuttosto sofisticati, ottenne un successo prorompente tanto che l'espressione divenne di uso corrente nella fraseologia dell'uomo della strada anche se, a dire il vero, nei tre volumi curati da H.L. Mencksen, « American Language », che riportano tutti i modi di dire in slang ed in uso corrente nella lingua parlata americana tale frase non viene citata. Verso la metà degli anni venti venne ristampata una raccolta in edizione economica delle vignette più significative. Anche questa formula ebbe gran successo e conobbe parecchie ristampe. Nel 1926 Banana Oil diventò una tavola domenicale apparendo assieme a una nuova serie che aveva creato Gross, Nize Baby, mentre lo stesso Gross diede il via ad una nuova striscia quotidiana, The Feitlebaum Family che, pochi mesi dopo, venne ribattezzata Looy, Dot Dope. Banana Oil mantenne la sua posizione nell'edizione domenicale anche quando Count Screwloose of Tooloose prese il posto di Nize Baby nel 1929. Nel 1930 Banana Oil smise di apparire sui quotidiani e ciò coincise con il passaggio del suo autore dal New York World's Press al King Features Syndicate.
 


LA TECNICA
LA CARTA
Inventata dai cinesi intorno al II secolo  a.C., apparve in Europa verso la metà del XII secolo, per sostituire lentamente la pergamena assai più costosa. È il supporto principe per qualsiasi tipo di scrittura; senza di essa la comunicazione interpersonale sarebbe stata ben diversa da come oggi si configura. Ai fini del disegno una sua qualità si presenta come fondamentale: la "grana", ovvero la granulosità della superficie. La "grana" consente ai vari mezzi che lasciano un tratto sulla carta di adattarvisi con effetti particolari, ravvicinando o sfaldando la traccia, secondo la pressione della mano. Molti capolavori del disegno hanno origine da questo semplice rapporto, dalla sensibile interconnessione strumento-supporto. Per il disegnatore di fumetti la scelta della carta è condizionata da tre possibilità, che indichiamo molto brevemente.
A) Il disegno finito ha come vincolo la realizzazione in bianco e nero. La carta migliore sarà liscia o, quando si vuole ottenere qualche effetto "texture", leggermente granulosa. In questo modo inchiostri, pennarelli, matite possono distendersi sopra con facilità e tratto uniforme.
B) Il disegno eseguito dall'autore è in bianco e nero, ma è necessaria un'aggiunta di colore, da parte di un'altra persona. Per questo motivo il primo esecutore (colui che disegna in bianco e nero) dovrà scegliere una carta che accetti sul retro un tipo di inchiostro anche molto liquido. Infatti solitamente la persona che colora, esegue il suo lavoro ponendo il foglio disegnato "al contrario" sul tavolo luminoso; stende quindi l'inchiostro sulla parte non segnata dal bianco e nero. In questo modo non "sporca" con il liquido colorato la nettezza del tratto originale e in fase di stampa l'unione dei due "clichés" mostrerà comunque un contorno in nero pieno. La ditta Canson fornisce questo tipo di carta, una faccia liscia, l'opposta leggermente ruvida, nel formato 50x65 cm.
C) Il disegno è eseguito a colori da un unico autore su richiesta dell'editore. Di conseguenza egli può usare la tecnica di colorazione che meglio gradisce e la carta che consente gli effetti desiderati.
Esistono svariate carte di ottima qualità, prodotte dalle diverse case. La consistenza di queste carte si esprime come peso del foglio al metro quadrato; mediamente una carta di 250 g/mq è di buona qualità e adatta a un tipo di colorazione di media fattura. Ovviamente le più consistenti possono sopportare interventi cromatici complessi e molto lavorati. Non volevamo dirlo, ma il cartoncino Schoellers Durex (ormai reperibile solo su Amazon),è il migliore; esiste liscio, ruvido, intermedio, sempre di circa 250 g/mq e possiede una resistenza e una versatilità incredibile. Per non parlare del cartone rigido Schoellers; potreste mangiarci sopra gli spaghetti al pesto, grattare con una lametta ciò che resta e, dopo, disegnarci sopra. Non ci credete? Provate... Se il disegno non vi riuscirà al meglio, avrete almeno mangiato ottimi spaghetti. Comunque, anche l'italiana Fabriano, nei suoi vari formati, è un'ottima scelta. Prestare solo attenzione (per chi digitalizza il bianco e nero per poi lavorarlo al computer), perché i formati non rientrano precisamente nei classici A3 e A4, ma sono un poco più grandi e non entrano con precisione nel piatto dello scanner. Una carta leggera, colorata o con una "texture" adatta, può essere ritagliata secondo la forma desiderata e incollata sul supporto principale. È la tecnica del papier collé, che non è equivalente al riporto meccanico, perché la carta incollata dovrà essere necessariamente "trovata" dall'autore tra i suoi materiali d'uso quotidiano. L'esecuzione può sembrare semplice e banale, ma non lo è del tutto.  Affinché la "silhouette" si armonizzi con lo stile del disegnatore, la carta "trovata" sia scelta con molta cura, adattata nella posizione migliore e portatrice di un'espressione compiuta. La difficoltà consiste nel dare ordine alla casualità dell'intervento.
Tipi di cartoncino in commercio

lunedì 10 ottobre 2016

LA TECNICA: - Il digitale - L'AUTORE: Francesco Gaggia

L'AUTORE


Francesco Gaggia (Kuiry)





Francesco Gaggia é architetto e insegnante di Disegno e Storia dell'Arte. Con lo pseudonimo di Kuiry si occupa di fumetti, grafica e illustrazione. Nel 1991 partecipa alla realizzazione di “FLIT Comics”, rivista di fumetti e critica, dove pubblica per la prima volta Dog Kane: un detective privato che agisce nell’America degli anni Cinquanta in un ambiente popolato da cani e papere umanizzati. Dal 2001 la sua produzione e' ospitata su kuiry.com e dogkane.com. Ha partecipato alla realizzazione di opuscoli divulgativi a fumetti, pubblicazioni per ragazzi e mostre collettive. Recentemente ha pubblicato, in autoproduzione, “L'arco della notte” (2014) - il primo volume interamente dedicato a Dog Kane - e “Storie dall'Archivio” (2015) con lo stesso protagonista. Nel 2016 è uscito Dog Kane N.2 “Tacchi a spillo”. Attualmente sta lavorando al N.3 “Stiletto heels” (seconda puntata di “Tacchi a Spillo”) di prossima uscita. I suoi volumi si trovano anche su Amazon.



INTERVISTA BREVE

D- Immagino che il disegno sia stata la tua passione sin da bambino. Quando hai capito che sarebbe diventata la tua professione?
R- Intorno ai 15 anni, quando a scuola, durante le lezioni passavo ore a disegnare sul diario… attività che mi creò qualche problema scolastico all’inizio (ero all’istituto tecnico per chimici) ma che poi venne tollerata. Fu allora che decisi che mi sarei indirizzato verso un piano di studi in cui il disegno avrebbe avuto un ruolo centrale.
D- Consiglieresti ad un giovane di oggi, di intraprendere la strada dell'illustrazione e del fumetto?
R- Sì, se è veramente appassionato e se è disposto ad un impegno duro e non sempre riconosciuto adeguatamente. Gli consiglierei comunque di formarsi ampie e solide conoscenze, non solo tecniche e settoriali.
D- Quali difficoltà riscontri nella tua attività, con l'editoria italiana?
R- Avendo optato per un’autoproduzione con un proprio marchio editoriale, la sfida maggiore ora mi sembra quella della distribuzione: una volta creato un prodotto il problema diventa quello di intercettare il tuo potenziale pubblico e la presenza nei punti vendita, oltre che nelle fiere, è quindi fondamentale.
D- Puoi descriverci brevemente, le tecniche che usi? Digitale, tradizionale o entrambi?
R- Entrambe. Non sono un disegnatore spontaneo e d’improvvisazione. Ho bisogno di tempo e mi piace tenere sotto controllo il risultato del mio lavoro in tutte le fasi. Per questo mi piacciono strumenti di inchiostratura magari poco ortodossi, come le penne a sfera, che però mi consentono di costruire il tratto che voglio. Il digitale consente molti ripensamenti ed aggiustamenti e per questo lo uso sempre più frequentemente. Inoltre mi aiuta a trovare in post-produzione quel senso atmosferico, un po sfumato, da noir classico, che mi piace e che cerco di evocare.


A Lucca Comics & Games 2016 sarò presente al Padiglione del Giglio, stand E-308 con “Tacchi a Spillo” la mia ultima pubblicazione con protagonista Dog Kane, presentata finora solo in ambito locale.

LA TECNICA


La rivluzione digitale

L'informatica è entrata ormai da anni, in ogni aspetto della nostra vita; non poteva non entrare anche nel mondo dei fumetti. Sono ormai anni che gli autori e l'editoria dei fumetti e dell'illustrazione, si avvalgono delle nuove tecnologie. Ovviamente, come in ogni cosa, ci sono vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi ci sono sicuramente, la velocità di produzione, le correzioni al volo senza sporcare, la facilità della colorazione e non ultime, l'utilizzo del file finale inviabile facilmente all'editore o alla tipografia, oltre che la pubblicazione immediata sul web. Tra gli svantaggi, al primo posto ci sono ancora i prezzi degli strumenti, dal computer alle tavolette grafiche per finire con i softwares utilizzabili non proprio a buon mercato. Da nostalgico, non trascurerei il fatto che, per quanto si possano ottenere delle ottime stampe, non esistono più gli "originali", cioè quelle belle tavole da ammirare nelle mostre o rintracciabili nei mercatini il cui valore è pari a quello di molti quadri; così, per quanto una riproduzione possa essere soddisfacente, sarebbe come avere una stampa di un quadro invece del quadro stesso. Veniamo agli strumenti. La protagonista del lavoro di illustrazione e fumetto, è la tavoletta grafica. Ne esistono di varie marche, alcune anche di produzione orientale dal costo accessibile, ma dalle prestazioni da verificare. Nello specifico, ci siamo concentrati sulla regina delle aziende delle tavolette grafiche la Wacom che, pur avendo la concorrenza dei nuovi tablet (vedi l'ultimo modello di iPad della Apple o il Surface di Microsoft, ma anche Asus, Acer, HP, ecc.), è quella che maggiormente si avvicina alle esigenze del professionista. Nella gamma delle tavolette con penna, esistono vari modelli, dalla classica tavoletta grafica (di vari formati, dall'A5 in su), che hanno un prezzo accessibile, ma presentano lo svantaggio di dover usare la penna su un piano mentre se ne controlla il percorso sul monitor; un ibrido, è il sistema Bamboo che consente di scrivere o disegnare su un normale foglio di carta mentre una connessione bluetooth provvede a trasferire il tutto su un dispositivo, pc o altro, in tempo reale; il sistema si presenta lento e la risposta non è adeguata per chi ha un tratto rapido e veloce. Il top è invece, rappresentato dai display, veri e propri monitor che si collegano ad un computer e che hanno raggiunto la ragguardevole dimensione dei 27 pollici e una definizione che arriva ai 4K. Lo scotto da pagare, è il prezzo, ben superiore ai 2000 euro, e l'obbligo di essere connessi ad un computer. L'ultima novità, è rappresentata dai pen computer, tavolette grafiche portatili quanto un tablet, dotate di un proprio sistema operativo, ma prive di programmi di disegno che vanno acquistati a parte. Anche qui, una buona configurazione e una buona dotazione di softwares, supera i 2000 euro. Per quanto riguarda i softwares, solitamente se ne utilizzano di due specie, quelli vettoriali ( Corel Draw, Adobe Illustrator, Xara, Clip Studio) e quelli bitmap (Photoshop, Painter, ecc.). Il sistema vettoriale è più complicato da usare, ma consente maggiore libertà circa le dimensioni finali del file da generale, i suoi files occupano meno spazio in megabytes e possono costituire un ottimo sistema per proteggere i diritti d'autore in quanto consegnando al cliente la copia bitmap, rimane l'originale vettoriale come prova; il disegno in bitmap invece, risulta più intuitivo ed immediato per chi non ha una grande dimestichezza con l'uso del computer. Come considerazione finale, si può comunque osservare che anche una via di mezzo, costituisce una buona soluzione: si possono infatti, eseguire i disegni in modo tradizionale su carta, farne una scansione e "inchiostrare" con il digitale, oppure, arrivare a scansionare anche la tavola inchiostrata e colorarla poi, via softwares. Qualunque sia la tecnica, in ogni caso, il digitale è ormai parte integrante del lavoro degli illustratori e dei fumettisti e alla fine, anche la più tradizionale tavola su carta, finisce per essere convertita in un file.

Pino Antonelli


I modelli Wacom descritti nel post