lunedì 17 ottobre 2016

UN(a) BRECCIA NELLA ROCCA DI SPOLETO

C'è ancora tempo, fino al 29 ottobre, per visitare la mostra di Enrique Breccia e il suo TEXONE presso la Rocca albornoziana di Spoleto. Nel video, la nostra piccola escursione per chi non ha potuto o non può visitarla. Chi è Enrique Breccia?
Enrique Breccia nasce a Buenos Aires (Argentina) nel 1945. Figlio del grande Alberto Breccia, esordisce illustrando insieme a lui la "Vida del Che" (1968), su testi di Héctor G. Oesterheld. Nel 1972, collabora con l'inglese Fleetwaydisegnando "Spy13" sotto pseudonimo, e con le riviste "Linus" e "Alter Linus", dove pubblica storie belliche di cui cura anche la sceneggiatura. Dal 1976, lavora su storie di Carlos Trillo ("El Buen Dios", "Alvar Mayor", "Robin delle stelle", "Marco Mandrillo"); nel 1983, illustra "Ibâfiez", scritto da Robin Wood. Come autore completo, ha adattato molti classici della letteratura e creato capolavori quali "Il collezionista di sogni" e "Il cacciatore del tempo". Dal 2000, inizia a collaborare con le Case editrici statunitensi Marvel e DC Comics, e, dal 2011, con la francese Delcourt ("Le Sentinelle"). Attualmente, vive a Spoleto.



ALBERTO BRECCIA (Montevideo, 15 aprile 1919 – Buenos Aires, 10 novembre 1993). Disegnatore uruguaiano nato nel 1919 a Montevideo e trasferitosi successivamente in Argentina. Nel 1936 Breccia cominciò a lavorare nel campo del fumetto collaborando con alcuni periodici di Buenos Aires e realizzando un certo numero di personaggi a fumetti dei quali, circostanzialmente a questo periodo giovanile, solo uno, Mufa, un Detective Oriental (1936) riscosse un certo gradimento. Nel 1941 Breccia si trasferì in Brasile per poi ritornare a Buenos Aires dove realizzò Vito Nervio dal 1947 al 1959. Nello stesso periodo diede vita anche ad El Vengador (Il vendicatore), pubblicato sul periodico El Gorrion ed a Jean de la Martinica apparso sulle pagine di Patoruzito. Alcuni suoi lavori comprendono La Ejecucion realizzata, per i testi, da Hector Oesterheld, soggettista di ulteriori creazioni di Breccia quali Richard Long, Pancho Lopez, pubblicati entrambi in riviste che avevano lo stesso nome di testata, e Sherlock Time che Breccia realizzò nel 1958 per il periodico Frontera. Con quest'ultimo personaggio l'autore ha iniziato il suo ciclo stilistico più ambizioso e complesso, ristrutturando il suo disegno sia nei tagli che nelle ambientazioni. Nel 1960 Breccia iniziò un lungo viaggio attraverso l'Europa ed in tale periodo, grazie a contatti fornitigli da Hugo Pratt,  stipulò un contratto con la Fleetway Publications di Londra con la quale ha collaborato per la realizzazione di molte storie e personaggi. Nel 1962 Breccia tornò in Argentina e nello stesso anno, creò Mort CinderNel 1968 si assunse il compito di realizzare graficamente El Eternauta e contemporaneamente, realizzò una personalissima opera, La Vida del Che (La vita di Che-Guevara), che venne sottoposta ai rigori ed ai tagli della censura. Trascorse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi ad un progetto cui pensava da anni, la trasposizione in immagini delle controverse storie di Lovecraft, Los Mitos de Cthulhu (I miti di Cthulhu).
Alberto Breccia

giovedì 13 ottobre 2016

IL PERSONAGGIO: Banana Oil - LA TECNICA: La carta

IL PERSONAGGIO


BANANA OIL (Stati Uniti)
Serie a vignette creata nel 1921 da Milt Gross e apparsa per la prima volta, nello stesso anno, sul New York World in un formato che si avvicinava alla striscia. Non vi appariva alcun personaggio fisso mentre l'elemento ricorrente era il motto « Banana Oil » (alla lettera, olio di banana) che stava a significare più o meno il commento ad una situazione impossibile. Un esempio pratico: in una di queste vignette, si vede un omino che legge con attenzione un testo pubblicitario sulle arti del ju-jitsu secondo il quale egli sarà in grado, dopo l'addestramento, di difendersi da chiunque; nella vignetta successiva appare un rapinatore grande e grosso che gli punta contro una pistola, nella terza si vede il meschinello che salta addosso al bandito e, nell'ultima, si vede l'omino in una bara dalla cui bocca esce il sarcastico commento di « banana oil! ». Banana Oil che dapprima venne pubblicato su quotidiani piuttosto sofisticati, ottenne un successo prorompente tanto che l'espressione divenne di uso corrente nella fraseologia dell'uomo della strada anche se, a dire il vero, nei tre volumi curati da H.L. Mencksen, « American Language », che riportano tutti i modi di dire in slang ed in uso corrente nella lingua parlata americana tale frase non viene citata. Verso la metà degli anni venti venne ristampata una raccolta in edizione economica delle vignette più significative. Anche questa formula ebbe gran successo e conobbe parecchie ristampe. Nel 1926 Banana Oil diventò una tavola domenicale apparendo assieme a una nuova serie che aveva creato Gross, Nize Baby, mentre lo stesso Gross diede il via ad una nuova striscia quotidiana, The Feitlebaum Family che, pochi mesi dopo, venne ribattezzata Looy, Dot Dope. Banana Oil mantenne la sua posizione nell'edizione domenicale anche quando Count Screwloose of Tooloose prese il posto di Nize Baby nel 1929. Nel 1930 Banana Oil smise di apparire sui quotidiani e ciò coincise con il passaggio del suo autore dal New York World's Press al King Features Syndicate.
 


LA TECNICA
LA CARTA
Inventata dai cinesi intorno al II secolo  a.C., apparve in Europa verso la metà del XII secolo, per sostituire lentamente la pergamena assai più costosa. È il supporto principe per qualsiasi tipo di scrittura; senza di essa la comunicazione interpersonale sarebbe stata ben diversa da come oggi si configura. Ai fini del disegno una sua qualità si presenta come fondamentale: la "grana", ovvero la granulosità della superficie. La "grana" consente ai vari mezzi che lasciano un tratto sulla carta di adattarvisi con effetti particolari, ravvicinando o sfaldando la traccia, secondo la pressione della mano. Molti capolavori del disegno hanno origine da questo semplice rapporto, dalla sensibile interconnessione strumento-supporto. Per il disegnatore di fumetti la scelta della carta è condizionata da tre possibilità, che indichiamo molto brevemente.
A) Il disegno finito ha come vincolo la realizzazione in bianco e nero. La carta migliore sarà liscia o, quando si vuole ottenere qualche effetto "texture", leggermente granulosa. In questo modo inchiostri, pennarelli, matite possono distendersi sopra con facilità e tratto uniforme.
B) Il disegno eseguito dall'autore è in bianco e nero, ma è necessaria un'aggiunta di colore, da parte di un'altra persona. Per questo motivo il primo esecutore (colui che disegna in bianco e nero) dovrà scegliere una carta che accetti sul retro un tipo di inchiostro anche molto liquido. Infatti solitamente la persona che colora, esegue il suo lavoro ponendo il foglio disegnato "al contrario" sul tavolo luminoso; stende quindi l'inchiostro sulla parte non segnata dal bianco e nero. In questo modo non "sporca" con il liquido colorato la nettezza del tratto originale e in fase di stampa l'unione dei due "clichés" mostrerà comunque un contorno in nero pieno. La ditta Canson fornisce questo tipo di carta, una faccia liscia, l'opposta leggermente ruvida, nel formato 50x65 cm.
C) Il disegno è eseguito a colori da un unico autore su richiesta dell'editore. Di conseguenza egli può usare la tecnica di colorazione che meglio gradisce e la carta che consente gli effetti desiderati.
Esistono svariate carte di ottima qualità, prodotte dalle diverse case. La consistenza di queste carte si esprime come peso del foglio al metro quadrato; mediamente una carta di 250 g/mq è di buona qualità e adatta a un tipo di colorazione di media fattura. Ovviamente le più consistenti possono sopportare interventi cromatici complessi e molto lavorati. Non volevamo dirlo, ma il cartoncino Schoellers Durex (ormai reperibile solo su Amazon),è il migliore; esiste liscio, ruvido, intermedio, sempre di circa 250 g/mq e possiede una resistenza e una versatilità incredibile. Per non parlare del cartone rigido Schoellers; potreste mangiarci sopra gli spaghetti al pesto, grattare con una lametta ciò che resta e, dopo, disegnarci sopra. Non ci credete? Provate... Se il disegno non vi riuscirà al meglio, avrete almeno mangiato ottimi spaghetti. Comunque, anche l'italiana Fabriano, nei suoi vari formati, è un'ottima scelta. Prestare solo attenzione (per chi digitalizza il bianco e nero per poi lavorarlo al computer), perché i formati non rientrano precisamente nei classici A3 e A4, ma sono un poco più grandi e non entrano con precisione nel piatto dello scanner. Una carta leggera, colorata o con una "texture" adatta, può essere ritagliata secondo la forma desiderata e incollata sul supporto principale. È la tecnica del papier collé, che non è equivalente al riporto meccanico, perché la carta incollata dovrà essere necessariamente "trovata" dall'autore tra i suoi materiali d'uso quotidiano. L'esecuzione può sembrare semplice e banale, ma non lo è del tutto.  Affinché la "silhouette" si armonizzi con lo stile del disegnatore, la carta "trovata" sia scelta con molta cura, adattata nella posizione migliore e portatrice di un'espressione compiuta. La difficoltà consiste nel dare ordine alla casualità dell'intervento.
Tipi di cartoncino in commercio

lunedì 10 ottobre 2016

LA TECNICA: - Il digitale - L'AUTORE: Francesco Gaggia

L'AUTORE


Francesco Gaggia (Kuiry)





Francesco Gaggia é architetto e insegnante di Disegno e Storia dell'Arte. Con lo pseudonimo di Kuiry si occupa di fumetti, grafica e illustrazione. Nel 1991 partecipa alla realizzazione di “FLIT Comics”, rivista di fumetti e critica, dove pubblica per la prima volta Dog Kane: un detective privato che agisce nell’America degli anni Cinquanta in un ambiente popolato da cani e papere umanizzati. Dal 2001 la sua produzione e' ospitata su kuiry.com e dogkane.com. Ha partecipato alla realizzazione di opuscoli divulgativi a fumetti, pubblicazioni per ragazzi e mostre collettive. Recentemente ha pubblicato, in autoproduzione, “L'arco della notte” (2014) - il primo volume interamente dedicato a Dog Kane - e “Storie dall'Archivio” (2015) con lo stesso protagonista. Nel 2016 è uscito Dog Kane N.2 “Tacchi a spillo”. Attualmente sta lavorando al N.3 “Stiletto heels” (seconda puntata di “Tacchi a Spillo”) di prossima uscita. I suoi volumi si trovano anche su Amazon.



INTERVISTA BREVE

D- Immagino che il disegno sia stata la tua passione sin da bambino. Quando hai capito che sarebbe diventata la tua professione?
R- Intorno ai 15 anni, quando a scuola, durante le lezioni passavo ore a disegnare sul diario… attività che mi creò qualche problema scolastico all’inizio (ero all’istituto tecnico per chimici) ma che poi venne tollerata. Fu allora che decisi che mi sarei indirizzato verso un piano di studi in cui il disegno avrebbe avuto un ruolo centrale.
D- Consiglieresti ad un giovane di oggi, di intraprendere la strada dell'illustrazione e del fumetto?
R- Sì, se è veramente appassionato e se è disposto ad un impegno duro e non sempre riconosciuto adeguatamente. Gli consiglierei comunque di formarsi ampie e solide conoscenze, non solo tecniche e settoriali.
D- Quali difficoltà riscontri nella tua attività, con l'editoria italiana?
R- Avendo optato per un’autoproduzione con un proprio marchio editoriale, la sfida maggiore ora mi sembra quella della distribuzione: una volta creato un prodotto il problema diventa quello di intercettare il tuo potenziale pubblico e la presenza nei punti vendita, oltre che nelle fiere, è quindi fondamentale.
D- Puoi descriverci brevemente, le tecniche che usi? Digitale, tradizionale o entrambi?
R- Entrambe. Non sono un disegnatore spontaneo e d’improvvisazione. Ho bisogno di tempo e mi piace tenere sotto controllo il risultato del mio lavoro in tutte le fasi. Per questo mi piacciono strumenti di inchiostratura magari poco ortodossi, come le penne a sfera, che però mi consentono di costruire il tratto che voglio. Il digitale consente molti ripensamenti ed aggiustamenti e per questo lo uso sempre più frequentemente. Inoltre mi aiuta a trovare in post-produzione quel senso atmosferico, un po sfumato, da noir classico, che mi piace e che cerco di evocare.


A Lucca Comics & Games 2016 sarò presente al Padiglione del Giglio, stand E-308 con “Tacchi a Spillo” la mia ultima pubblicazione con protagonista Dog Kane, presentata finora solo in ambito locale.

LA TECNICA


La rivluzione digitale

L'informatica è entrata ormai da anni, in ogni aspetto della nostra vita; non poteva non entrare anche nel mondo dei fumetti. Sono ormai anni che gli autori e l'editoria dei fumetti e dell'illustrazione, si avvalgono delle nuove tecnologie. Ovviamente, come in ogni cosa, ci sono vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi ci sono sicuramente, la velocità di produzione, le correzioni al volo senza sporcare, la facilità della colorazione e non ultime, l'utilizzo del file finale inviabile facilmente all'editore o alla tipografia, oltre che la pubblicazione immediata sul web. Tra gli svantaggi, al primo posto ci sono ancora i prezzi degli strumenti, dal computer alle tavolette grafiche per finire con i softwares utilizzabili non proprio a buon mercato. Da nostalgico, non trascurerei il fatto che, per quanto si possano ottenere delle ottime stampe, non esistono più gli "originali", cioè quelle belle tavole da ammirare nelle mostre o rintracciabili nei mercatini il cui valore è pari a quello di molti quadri; così, per quanto una riproduzione possa essere soddisfacente, sarebbe come avere una stampa di un quadro invece del quadro stesso. Veniamo agli strumenti. La protagonista del lavoro di illustrazione e fumetto, è la tavoletta grafica. Ne esistono di varie marche, alcune anche di produzione orientale dal costo accessibile, ma dalle prestazioni da verificare. Nello specifico, ci siamo concentrati sulla regina delle aziende delle tavolette grafiche la Wacom che, pur avendo la concorrenza dei nuovi tablet (vedi l'ultimo modello di iPad della Apple o il Surface di Microsoft, ma anche Asus, Acer, HP, ecc.), è quella che maggiormente si avvicina alle esigenze del professionista. Nella gamma delle tavolette con penna, esistono vari modelli, dalla classica tavoletta grafica (di vari formati, dall'A5 in su), che hanno un prezzo accessibile, ma presentano lo svantaggio di dover usare la penna su un piano mentre se ne controlla il percorso sul monitor; un ibrido, è il sistema Bamboo che consente di scrivere o disegnare su un normale foglio di carta mentre una connessione bluetooth provvede a trasferire il tutto su un dispositivo, pc o altro, in tempo reale; il sistema si presenta lento e la risposta non è adeguata per chi ha un tratto rapido e veloce. Il top è invece, rappresentato dai display, veri e propri monitor che si collegano ad un computer e che hanno raggiunto la ragguardevole dimensione dei 27 pollici e una definizione che arriva ai 4K. Lo scotto da pagare, è il prezzo, ben superiore ai 2000 euro, e l'obbligo di essere connessi ad un computer. L'ultima novità, è rappresentata dai pen computer, tavolette grafiche portatili quanto un tablet, dotate di un proprio sistema operativo, ma prive di programmi di disegno che vanno acquistati a parte. Anche qui, una buona configurazione e una buona dotazione di softwares, supera i 2000 euro. Per quanto riguarda i softwares, solitamente se ne utilizzano di due specie, quelli vettoriali ( Corel Draw, Adobe Illustrator, Xara, Clip Studio) e quelli bitmap (Photoshop, Painter, ecc.). Il sistema vettoriale è più complicato da usare, ma consente maggiore libertà circa le dimensioni finali del file da generale, i suoi files occupano meno spazio in megabytes e possono costituire un ottimo sistema per proteggere i diritti d'autore in quanto consegnando al cliente la copia bitmap, rimane l'originale vettoriale come prova; il disegno in bitmap invece, risulta più intuitivo ed immediato per chi non ha una grande dimestichezza con l'uso del computer. Come considerazione finale, si può comunque osservare che anche una via di mezzo, costituisce una buona soluzione: si possono infatti, eseguire i disegni in modo tradizionale su carta, farne una scansione e "inchiostrare" con il digitale, oppure, arrivare a scansionare anche la tavola inchiostrata e colorarla poi, via softwares. Qualunque sia la tecnica, in ogni caso, il digitale è ormai parte integrante del lavoro degli illustratori e dei fumettisti e alla fine, anche la più tradizionale tavola su carta, finisce per essere convertita in un file.

Pino Antonelli


I modelli Wacom descritti nel post




domenica 9 ottobre 2016

LA TECNICA: il pennarello - IL PERSONAGGIO: Mel Graff e l'agente X9

TECNICA

Pennarello

Nasce inizialmente come strumento per scrivere ed evidenziare brani stampati, grazie a una parziale trasparenza dei suoi colori. È quindi, un tipo di penna, quasi sempre con mina di feltro, che so mantiene imbevuta di inchiostro colorato. In genere il segno medio di un pennarello è più grosso di quello del pennino o di qualsiasi penna, ma attualmente ne esistono anche a punta fine, tipo pennello, indubbiamente molto versatili e raffinati nel tratto. Anche molti pittori usano il pennarello sia per gli schizzi preparatori, sia per eseguire la traccia iniziale del disegno sulla tela. Ecco alcuni dei vantaggi connessi all'uso del pennarello:

A) vastissima gamma di marche produttrici di pennarelli; tutte ottime, perché in fondo il funzionamento del medium è semplicissimo;
B) grandissima varietà di tinte, già pronte e solitamente molto fedeli al colore campione;
C) facilità di trasporto: a differenza di penna, pennello, acquarello (solo la matita ha la stessa proprietà) il pennarello si infila nel taschino, rappresentando l' "attrezzatura" sufficiente per eseguire veri e propri reportages visuali; a differenza della matita il disegno è già pronto per la stampa;
D) il suo tratto è molto preciso e, a seconda del colore, anche trasparente;
E) inoltre esistono in commercio pennarelli con punta di diversa grandezza, da quella sottile e arrotondata a quella larga e piatta; tale differenziazione rende possibile sia la stesura di vaste aree con una "strisciata" rapida e continua, sia l'aggiunta di piccoli dettagli,
F) la sovrapposizione "a piatto' dei vari colori esistenti ne crea di nuovi e inaspettati.

Recentemente è stato studiato il modo di applicare a un tipo di pennarello una bomboletta d'aria compressa che, per mezzo di un tubicino, veicola il gas nel cannello e sospinge all'esterno l'inchiostro. E una tecnica "a spruzzo" che ha l'ambizione di sostituire con costi irrisori il ben più complesso e preciso aerografo. Il risultato non è cosi uniforme come ci si aspetterebbe, specialmente durante il getto iniziale; comunque è interessante. Sul piano dei' 'limiti" denunziati da questo medium va citata innanzitutto l'impossibilità di un passaggio chiaroscurale, di una sfumatura. Il passaggio di tono è possibile, quindi, solo per sovrapposizione di tinte; ma questo ne invalida il carattere. È possibile in parte superare tale limite usando pennarelli scarichi; si tratta però di una tecnica che richiede, per dimostrarsi efficace, molta esperienza e pratica. La difficoltà, quasi impossibilità di cancellature e ritocchi è un vizio del pennarello, ma può diventare una virtù, poiché obbliga e abitua a una certa spontaneità Se il lavoro è proprio uno schifo, cestinare! Gli inchiostri del pennarello sono spesso indelebili, nel senso che penetrano nella carta e vi si legano secondo il rito di santa romana chiesa. È possibile sfruttare questa caratteristica per effetti speciali, utilizzando carte a grana differenziata, eventualmente tagliando e successivamente incollando su un cartoncino le parti interessanti.

Tipi di pennarelli a punta morbida


IL PERSONAGGIO

MEL  GRAFF, (1907-1975)
Disegnatore, autore ed illustratore americano nato nel 1907 a Cleveland nell'Ohio. Sin dall'infanzia mostrò la sua predisposizione per il disegno e mentre più avanti frequentava la West Technichal High School a Cleveland, cominciò a realizzare dei disegni e delle vignette per The Tatler, la rivista della scuola. Dopo aver abbandonato la scuola prima di concludere i corsi, Graff si diede da fare lavorando nelle zone vicino alle stazioni facendo i mestieri più diversi e percorse il paese viaggiando su treni merci. Nei primi anni del '30 Graff riuscì ad ottenere un piccolo lavoro nella sezione di disegno commerciale della NEA. Nel 1933 si trasferì a New York dove, sotto l'influenza del disegnatore George Clark, imparò ad affinare il suo stile e nel 1934 iniziò a realizzare The Adventures of Patsy, per l'Associated Press, dapprima incentrata sulla storia di una ragazzina ed in seguito trasformatasi in una vera e propria striscia di avventura. Nel 1940 il King Featurcs chiamò Graff perché succedesse ad Austin Briggs nella realizzazione grafica di Secret Agent X-9. La prova di Graff a tale riguardo, si dimostrò quasi disastrosa: non solo il suo disegno non seguiva in maniera dinamica lo stile del suo predecessore ma anche i testi, di cui si occupò quando Max Trell ne abbandonò la redazione, avevano pian piano modificato la struttura ed il carattere dell'eroe. Nel corso degli anni cinquanta, Mel Graff, che già aveva subito una serie di depressioni e di malattie paranervose, si aggravò e nel 1960 gli venne tolta la realizzazione della striscia. Si ritirò quindi ad Orlando, in Florida, dove visse in una specie di semi-ritiro, realizzando molte illustrazioni e qualche tavola di Captain Easy di Leslie Turner (1966-67). Mel Graf, che resta forse uno dei più patetici esempi della spietata politica del King Features, è morto il 2 Novembre 1975.



venerdì 7 ottobre 2016

LA TECNICA: La penna e il pennello - L'AUTORE: Luciano Bernasconi

L'AUTORE

Luciano Bernasconi

Luciano Bernasconi, (alias: Lube,Saint Germain), nasce a Roma. Dopo un soggiorno in Brasile, dove disegna per delle testate pubblicitarie, torna in Italia e dal 1959 al 1964 prepara le tavole a matita per Carlo Cedroni, disegnatore dell’agenzia romana Barbato-Mancini, che si occupa della produzione a fumetti per l’editrice Lug di Lione. Nello stesso priodo ha anche saltuarie collaborazioni, sempre per le matite con Alberto Giolitti, Ruggero Giovannini, Gino Guida, Nevio Zeccara. Nel 1966 inizia la collaborazione eseguendo sia matite che chine, per la testata Attak, per le Edizioni Europer di Roma. Nel 1967 lega il suo nome alla serie Pappagone, ideata e sceneggiata da Luigi de Filippo e la serie successiva Ciccio e Franco. Per la stessa casa editrice, la Gallo Rosso di Roma, disegna alcuni fascicoli della Donna Invisibile, più varie illustrazioni. Nel 1968 disegna tre albi dell’Intrepido per l’Editrice Universo. Nel 1969 inizia la collaborazione, tramite l’Agenzia Martini-Maffi di Milano, con le Editions Lug, realizzando le serie Wampus e Bob Lance, alcuni episodi dei quali sono stati editi anche in Italia. Nel 1970 ha inizio il rapporto diretto con l’Editrice Francese, che durerà fino alla chiusura della stessa. Per la Francia,oltre a Wampus e Bob Lance, realizza vari personaggi, L’Autre, Kabur, Waki, Le gladiateur de bronze, Bob Flay, L’ami Barry, Jeff Sullivan, Billy Boyd, Phenix, Kit Kappa, Starlok e alcuni episodi della serie Baby Bang oltre a due episodi del Grande Blek, più alcune storie singole. Nel 1978 inizia anche a lavorare per la testata Il Giornalino della Società San Paolo,per cui esegue storie brevi che spaziano dal costume alla fantascienza. Nello stesso anno collabora anche con La Edifumetto, sempre di Milano, per la quale realizza storie di genere:erotico, collaborazione che dura sino alla chiusura della casa editrice creata da Renzo Barbieri. Nel 1983 è invitato a partecipare al “fumetto dell’estate”, Welcome to Rome, su sceneggiatura di Dal Prà, da un’idea dell’assessore al turismo Nicolini. Fa parte dei 40 disegnatori che si alternano alla realizzazione della storia, pubblicata a puntate sul quotidiano Il Messaggero. Nel 1989 collabora con la Blue Press di Roma, sempre nel genere erotico. Nel 1990 si alterna tra la Edifumetto, l’Intrepido e alcune matite per Gordon Linch e Tex, con inchiostri di Della Monica. Tra il 1993 e il 1995 esegue varie storie, tra cui un’avventura di Sherlock Holmes (inedito) per la rivista Crimen. Per l’Editrice Fenix di Roma, illustra la versione a fumetti del romanzo erotico Gamiani. Nell’estate del 1995 riprende la collaborazione con l’Intrepido, disegnando due storie western di Dal Prà e alcuni episodi della serie I Custodi. Negli anni successivi dipinge e alterna disegni per privati, specializzandosi in illustrazioni erotiche, alternando poi alcune copertine di Tex per l’Editrice Semic di Parigi. Bernasconi ha eseguito una versione di Tarocchi del ‘500, in versione normale ed erotica, e i segni dello Zodiaco. Bernasconi è citato nell’enciclopedia del fumetto di Graziano Origa del 1977 e su foto di famiglia di Gianni Bono sul numero 172 di Tex. Alcune citazioni sono apparse anche su Diva, della Glittering Images e pubblicazioni francesi tra cui Le Collectionneur de Bandes Dessinè. In occasione del Festival di Angouleme del 2001 è uscito un suo “portfolio” sulla rivista Inedit e sul primo numero di Fantask.

INTERVISTA BREVE

D- Immagino che il disegno sia stata la tua passione sin da bambino. Quando hai capito che sarebbe diventata la tua professione?
R- A 18 anni,quando vivevo a casa di Gino Guida e l'aiutavo con le matite.

D- Consiglieresti ad un giovane di oggi, di intraprendere la strada dell'illustrazione e del fumetto?
R- La strada dell'illustrazione forse,del fumetto no... ci sono troppe incognite.

D- Quali difficoltà riscontri nella tua attività, con l'editoria italiana?
R- Nessuna particolare difficoltà.

D- Puoi descriverci brevemente, le tecniche che usi? Digitale, tradizionale o entrambi?
R- tecnica tradizionale, matita, rapidograph, china e pennelli.


TECNICA

La penna ed il pennello


La tecnica della penna a inchiostro, in particolare per la scrittura, è antichissima. Già gli egizi usavano stiletti intagliati da giunchi marini, che intingevano in un liquido nero. Tuttavia, la produzione industriale dell'inchiostro di china risale solo al XIX. La caratteristica principale di un disegno eseguito a penna o pennello, quella che conferisce dignità artistica, è di non ammettere correzioni o incertezze. Molto sinteticamente, elenchiamo i consigli più utili per chi usa la penna, per di fumetti in particolare:
A) Eseguire, con la penna che si userà d'ora in avanti, qualche esercizio preparatorio.
B) Evitare inizialmente soggetti complessi, eseguire solo abbozzi veloci, senza alcuna traccia a matita. Quest'esercizio serve per addestrare la mano, ma anche la penna, nel modo più istintivo. 
C) Per eseguire il disegno finito è necessaria "la matita", cioè lo studio iniziale, anche particolareggiato, della scena completa, che a questo punto si "passerà" a penna.
D) Alcuni consigliano per i tentativi iniziali l'uso di penne dal tratto uniforme (i diversi tipi di "rapidograph"), a cartucce ricaricabili. Il vostro interlocutore non è affatto d'accordo. Se ve le hanno regalate, sperando di semplificarvi la vita, buttatele nella spazzatura. Anche il pennino più "legato" possiede una sua dinamica: è la vostra mano che gliela trasmette. Dovete abituarvi a regolare la pressione della mano, per attribuire al segno eseguito a penna una certa "sensibilità" che diventa interpretazione della forma e anche "calligrafia" dell'autore. "Calligrafia" dell'autore, non linearità stabilite allo 0,1 oppure 0,2 etc. dalle case produttrici di penne uniformi. Tutt'al più l'utilizzo del tratto uniforme sarà destinato allo sfondo, a un ambiente geometricamente composto che, proprio per questo motivo, assume una certa suggestione di rigore architettonico. In definitiva la penna migliore sarà non pesante, neppure fantasmatica al sostegno, abbastanza grande da poterla impugnare, sentendola cosi adatta alle proprie dita, e con un pennino di acciaio morbido.
E) All'inizio può essere utile riportare la traccia a matita su un foglio di carta trasparente, la cosiddetta "carta da ingegnere". Quella traccia, se ben riuscita, è preziosa e una scarsa esperienza nell'uso della penna potrebbe rovinarla, costringendovi a ripeterla. Completerete il lavoro sul foglio trasparente, se il disegno vi sembrerà riuscito, altrimenti ne rifarete un altro, utilizzando la stessa traccia.
F) Consigliare specifiche marche di penne e pennini può servire solo a creare ulteriori difficoltà. Molti rivenditori sono, per esempio, sprovvisti delle migliori marche, tutte straniere. Il "Gillot" inglese si trova difficilmente e di contrabbando, e anche "Branse" (made in Germany) arriva solo attraverso canali "misteriosi". Oggi però, cìoè il web dove si trova di tutto. È utile comunque tener presente che la numerazione delle penne è analoga a quella delle matite: una scala dalla più malleabile alla più rigida.
La penna non è l'unico mezzo per la stesura di un inchiostro. Possiamo usare anche il pennello, differente in grandezza, ma sempre molto sottile in punta. Caratteristica del pennello per il disegno (diverso da quello usato per la stesura su vaste aree colorate) è infatti che, se bagnato e strofinato molto leggermente sul bordo del contenitore dell'inchiostro, forma una punta sottile in grado di eseguire un tratto equivalente a quello lasciato da una penna molto appuntita.  D'altra parte, il segno del pennello è caratterizzato da una sensibile modulazione in spessore, a volte anche da variazioni di tono nello stesso tratto, che conferiscono al disegno suggestione formale e risonanza di chiaroscuro. Rispetto alla penna il pennello offre, dunque, alcuni vantaggi. La maggior morbidezza del segno, come abbiamo già accennato, consente una maggior  "rilevanza" del tratto, dovuto a una minima pressione della mano, rispetto all'esecuzione a penna e quindi realizzare segni di diversa consistenza, soprattutto quando il pennello è usato "di taglio", invece che di punta. I valori di grandezza del pennello, in genere da zero-zero a dodici per quelli a pelo di martora, sono direttamente proporzionati alla sottigliezza della punta. Combinando diversi pennelli possiamo ottenere segni sottili, ma anche zone abbastanza larghe in nero quasi pieno. La rapidità d'esecuzione è una caratteristica del pennello, utile proprio al disegnatore di fumetti. Sopra una traccia a matita, in questo caso abbastanza dettagliata, possiamo "passare" velocemente l'inchiostro con diversi tipi di pennello, anche "alleggerendo" molti particolari. 
Infatti la rapidità con cui passiamo da un tratto sottile a uno molto più largo, caratterizza per freschezza e ariosità l'esecuzione a pennello. Ovviamente questa è la difficoltà del medium: saper armonizzare le linearità di contorno e di un'individuazione formale, spesso molto sottili, con gli spazi lasciati in bianco e, in opposizione con le zone in ombra, segnate con il nero pieno. Un piccolo suggerimento: è intuitivo che il tratteggio eseguito a penna ha lo stesso valore formale della macchia nera a pennello, ma quest'ultima, se compatta, avrà la stessa leggerezza della prima. Quindi conviene nelle zone d'ombra "sgranare" la pennellata, cioè lasciare con un certo criterio qualche spazio bianco. In tal modo anche la zona d'ombra sembrerà risuonare di un qualche riverbero luminoso. La penna, paragone al pennello, può avere un segno "sensibile", ma di tono pressoché uniforme. Il pennello invece, oltre a un tratto assai modulato a seconda della quantità d'inchiostro che trattiene la punta, può anche stemperare il suo segno in sottili passaggi proprio nel contatto carta-setole più o meno bagnate d'inchiostro. Non senza ragione si dice che il pennello ha un segno "vellutato". Proprio nel disegno di un fumetto destinato alla stampa, queste caratteristiche del pennello risultano interessanti. Non tutti i valori di tratto e passaggio zonale saranno colti appieno nella riproduzione, ma la suggestione di questo medium renderà più viva e immediata l'immagine. I migliori pennelli, e i più costosi, sono in pelo di martora. Molti disegnatori prediligono, a ragione, la casa Windsor e NewtonTanto per intenderci sulla scelta del pennello adatto, fissiamo qualche proporzione: una tavola di 26x34 cm (formato originale, si capisce) avrà una visualizzazione adeguata con un pennello n. 2 o 3, per quanto riguarda le linearità di contorno o di precisione formale.
Alcuni tipi di pennini e pennelli


lunedì 3 ottobre 2016

LA TECNICA: La matita - Il Personaggio del giorno: FANTOMAS

TECNICA
La matita

È lo strumento apparentemente più semplice per disegnare: un sottile bastoncino di grafite (carbone allo stato elementare e compresso), costituisce la parte centrale di un rivestimento in legno, noto in questa veste solo dall'inizio del XIX secolo. Prima erano impiegati mezzi equivalenti, come il carbone stesso, cannelli porta-grafite o sanguigna. L'uso della matita dà il suo nome alla tecnica d'esecuzione del lavoro, utilizzata sia per rapidi schizzi, sia per opere di estrema complessità e precisione visuale. In genere, il disegnatore a fumetti se ne avvale per l'abbozzo della pagina, che in seguito'passerà" a inchiostro. Ricordiamoci l'essenziale: la matita può essere usata per individuare il contorno di una figura e per definire il chiaroscuro. In altre circostanze questi due aspetti hanno un grande valore formale ed espressivo, ma per il disegnatore di fumetti equivalgono solo a un momento di studio, poiché in seguito l'esecuzione a matita verrà cancellata. Importante è quindi, scegliere la durezza della matita in rapporto alla grana della carta. Per un disegno che ha l'ambizione di essere "opera finita" questa reciproca sinergia è frutto di molti aspetti suggestivi e affascinanti, ma l'abbozzo di un fumetto deve tener conto soltanto della naturale pressione della mano del disegnatore che impugna la matita. Quanto più la mina è dura (H, 2H, 3H, etc.), tanto più fine e netto sarà il tratto; ma anche "l'inciso" sulla carta, perché istintivamente tendiamo alla sua maggior visibilità. Una mina molto dura segnerà definitivamente il supporto (la carta) e la sua cancellazione sarà quasi impossibile. Al contrario una mina morbida (B, 2B, 3B, etc.) lascia un segno consistente, ma dopo qualche tratto il risultato sarà grossolano, pesante e per nulla adatto alla visualizzazione del particolare. Insistendo, il disegnatore stesso capirà poco della sua traccia a matita, senza dire che anche la cancellazione finale, a volte, può sporcare irrimediabilmente il foglio. In genere il disegnatore di fumetti userà la mina media HB, anche H 0 B, ma non 2B, 2H, etc.  La matita serve anche per dare il 'chiaroscuro" a una forma, cioè per definire le parti in ombra, che in questo modo suggeriscono il rilievo volumetrico. Il fumettista, per sua sensibilità, può eseguire una precisa ricerca del rapporto chiaro-oscuro, secondo l'incidenza della luce, ma soltanto con un tratteggio parallelo, eventualmente incrociato nei punti più oscuri. A questo punto il suo compito è di definire ed equilibrare le aree che in seguito saranno lasciate bianche, in contrasto con il nero pieno. In definitiva, l'uso della matita nel fumetto è pratico e veloce. Le forme sono disegnate spesso solo per semplici figure geometriche, a cui successivamente è aggiunto qualche dettaglio di riferimento. La possibilità di cancellazione è fondamentale per tentare nuove soluzioni. Il chiaroscuro è visualizzato come brusco passaggio tonale, che stabilisce solo con qualche segno di riferimento, i punti più oscuri.

Alcuni esempi di matite, tradizionali e portamine.


IL PERSONAGGIO DI OGGI

FANTOMAS (Messico)

Versione fumettata del celebre personaggio della letteratura francese creato da Pierre Souvestre e Marcel Allain, realimta dal disegnatore Rubén Lara Romero e da suo fratello Jorge, su iniziativa di Alfredo Cardona Pena, della Editorial Novaro. Il primo albo di apparve il IO Marzo 1966 nel n. 103 della serie "Tesoro de Clasicos", una serie di albi a colori che avevano lo stesso identico formato di quelli tipici americani con l'unica differenza che autori e disegnatori erano messicani. Questa prima versione era assai convenzionale e seguiva passo passo una precedente edizione realizzata nel 1936-37 da Alfredo Valdés, per la rivista messicana Paquin. L'abito indossato da Fantomas venne ricalcato sulla falsa riga di quello che apparve sulla copertina della prima edizione francese: frac, cilindro, mantello, bastone da passeggio e guanti bianchi. Lo stile grafico di Lara Romero sintonizzava a meraviglia con le illustrazioni dei romanzi e quindi traduceva lo spirito reale del personaggio e delle situazioni. Fantomas venne proposto in una serie di episodi, sino al 1969 quando il successo ottenuto spinse l'editore a pubblicare un albo quindicinale intitolato al personaggio, anche questa edizione riscosse un favore generale e venne cosi organizzato un gruppo di collaboratori che assicurasse la continuità della pubblicazione. Da quel momento, Cardona Pena ha supervisionato i soggetti scritti da Guillermo Mendizabal e, quando nel 1969 quest'ultimo abbandonò il gruppo, Cardona Pena continuò a scrivere i soggetti aiutato da alcuni assistenti. I disegni erano firmati "Equipo Estudio Ribens", ovvero da un gruppo formato da José S. Reyna, Fermin Marquez ed Augustin Martinez, che si occupavano delle matite e Carlos Hernandez e Jorge Lara, passatori a china. In questa seconda versione, Fantomas venne mutato sia dal punto di vista caratteriale che fisionomico: divenne infatti un giovane atletico, pieno di vitalità, che portava una maschera bianca che gli lasciava liberi solo gli occhi e le orecchie. La sua attività, tesa comunque al crimine, aveva come scopo finale manifestazioni prettamente altruistiche ed egli si dichiarava sostenitore della fratellanza universale e del progresso, tanto che egli usava tutti i mezzi fornitigli dalla scienza moderna, in ciò aiutato dal Professor Semo e da un esercito di agenti segreti. Fantomas ha conosciuto nel 1941 un precedente adattamento sul settimanale francese Gavroche, che uscì per brevissimo tempo.