giovedì 2 febbraio 2017

DISEGNANDO IN VIDEO

  Pochi lo ammetteranno, ma una cosa che piace a molti disegnatori di fumetti, è osservare i colleghi al lavoro, studiarne la tecnica, ammirandone alcune caratteristiche precise e, perché no, ammirarne e invidiarne il genio quando questo è palese. Oggi, grazie al web ed in particolar modo a YouTube, si possono vedere una serie di mini filmati di autori al lavoro, perlopiù ripresi in occasione di fiere ed esposizioni. Non mancano serie immense di tutorial per apprendere tecniche e informazioni utili.
  Ho fatto una brevissima incursione nei video di YouTube e propongo alcuni filmati che mi hanno colpito; è chiaro che ognuno possa fare una ricerca specifica, per autori, personaggi e interessi. Tant'è. Questi suggerimenti sono solo uno spunto, un modo per invitare gli autori a sbirciare il lavoro dei colleghi e, magari, migliorare il proprio.
  Per caso, ho notato che la maggior parte di tali filmati pubblicati in Italia, sono di autori Bonelli, questo a significare che lo strapotere economico vince anche sulla rete. Peranto, cari disegnatori non Bonelliani, pubblicate i vostri video mentre siete al lavoro, darete soddisfazione a tutti coloro cercano la propria strada in maniera indipendente, con grandi sacrifici, ma in caso di successo, con grandi soddisfazioni.

Pino Antonelli












martedì 24 gennaio 2017

IL DIARIO FANTASTICO DI JACOVITTI

BENITO JACOVITTI (1923/1997)

 

Grande disegnatore e soggettista italiano, nato a Termoli (Campobasso) il 19 Marzo 1923. Trasferitosi all'età di quindici anni a Firenze, ebbe i primi contatti col mondo della carta stampata collaborando con diverse vignette al settimanale satirico Il BrividoEsordisce nel settimanale Il Vittorioso, nel n. 40 del 5 Ottobre 1940, creando Pippo, nella storia "Pippo e gli Inglesi"; poco dopo il personaggio veniva affiancato da Palla e Pertica, creando così il famoso terzetto chiamato dei 3 P. Attorno a questi personaggi ruotano l'ispettore Cip col suo aiutante Gallina e il furbissimo delinquente Zagar, maestro del travestimento. Sempre nel suo stile grottesco e caricaturale, nettamente personale, Jacovitti produce parecchi personaggi sostenuti da una vena umoristica fresca e piena di idee. Tra le parodie più riuscite c'è quella di Mandrago il Mago e L'Onorevole Tarzan, apparsi sempre sul Vittorioso, per poi essere raccolti in albi come quasi tutta la sua produzione per questo settimanale.


Nel 1957, crea per il supplemento dei ragazzi del quotidiano, Il Giorno, Cocco Bill. una saporita satira del Western tra le più azzeccate, Gionni Galassia, storia di fantascienza e Tom Ficcanaso, disavventure di un reporter impiccione. Nel 1968, scaduto il contratto col Giorno, trasferisce il suo, Cocco Bill sulle pagine del Corriere dei Piccoli, per il quale crea un altro personaggio parodistico Zorry Kid, ispirato al celebre Zorro. Nel 1973, ridà vita a Jack Mandolino da lui creato nel 1967. Tra le sue collaborazioni saltuarie un albo della serie Costellazione, realizzato nel 1946 con Ghigno il Maligno, un altro personaggio della sua innumerevole schiera che compare in varie storie, è la terribile signora Carlomagno.

Jacovitti, che si firma anche Jack, è senza dubbio il più popolare disegnatore umoristico in Italia ed è il più conosciuto all'estero dove i suoi personaggi hanno incontrato largo favore. I suoi lavori sono stati ristampati in libri cartonati dalle Edizioni Piero Dami e dalla Milano Libri, e Zorry Kid nella serie "I giganti del fumetto" della Bur di Rizzoli. Jacovitti ha disegnato anche per la pubblicità. Ha eseguito disegni per la televisione nella serie « Gulp, fumetti in TV". Ha collaborato inoltre al Travaso, l'Europeo, Eureka e Linus.




Il nome di Jacovitti è indissolubilmente legato al diario Vitt che, proprio come fanno oggi Smemoranda e simili, ha accompagnato intere generazioni di giovanissimi italiani chini sui banchi di scuola. In questo volume c’è un po’ la storia del nostro Paese, raccontata con le vignette del più grande fumettista italiano. Un tuffo nostalgico nel passato, accompagnato dal critico Goffredo Fofi, che passa attraverso le prestigiose firme di giornalisti come Indro Montanelli e Sergio Zavoli che accompagnavano con i loro testi le vignette di Jac e le storie a fumetti che l’autore realizzò appositamente per il diario.


sabato 21 gennaio 2017

UN PERSONAGGIO VELOCE...




Creato da Jean Graton, apparso per la prima volta sulla rivista Tintin, nel 1967, come serie di brevi storie a fumetti. Il successo incontrato indusse gli editori a farne un personaggio fisso fin dall'anno successivo. Michel Vaillant fa il corridore automobilista e corre per i colori della « Vaillante », la fabbrica di suo padre. Giovane, atletico, di bell'aspetto, è modellato sullo schema classico dell'eroe dei fumetti, bravo, sicuro, leale. Nella sua prima avventura egli affronta su un circuito, il campione americano Steve Warson, fra loro si combattono lealmente, e finiscono poi per coalizzarsi allo scopo di battere organizzazioni senza scrupoli e corridori disonesti. L'azione si svolge generalmente negli autodromi, e Graton non disdegna di mettere ben in visti marche di pneumatici, di carburanti e lubrificanti, a scopo 
evidentemente pubblicitario. La grande amicizia dell'eroe col suo compagno di squadra ha suscitato, a livello di studi sul personaggio, notevoli perplessità, giungendo ad aperte accuse di omosessualità, sicché nel 1973 Graton decise di far sposare il suo eroe. Ma allo stimolante ambiente agonistico l'eroe non sembra voler sostituire una consistente situazione familiare. Graton possiede uno stile fra i più stucchevoli del fumetto moderno, tutti i suoi personaggi si assomigliano, i loro volti hanno sguardi vuoti e inespressivi. Solo le macchine sembrano vivere e sono esse ad aver assicurato agli albi, che hanno superato la ventina, un successo fenomenale. Michel Vaillant è stato anche ridotto in una serie di telefilm, (arrivata in Italia nel 1973) e nel 2003 ad un film per il cinema Adrenalina Blu - La leggenda di Michel Vaillant diretto da Louis-Pascal Couvelaire dove l'asso del volante è interpretato da Sagamore Stévenin, oltre ad essere apparso in vari volumi antologici. In Italia, è stato pub
blicato sui Classici dell'Audacia, dal 1966 al 1967 e dal Corriere dei Piccoli, nel 1968.
Non è certo facile far rivivere in un fumetto le passioni e l'adrenalina che riesce a trasmettere un'avvincente gara sportiva. Sicuramente la (relativa) staticità del medium fumetto rende più difficoltoso di altri mezzi (si pensi al cinema) la rappresentazione del dinamismo e della velocità che sono alla base delle competizioni sportive, questo a maggior ragione se parliamo di roboanti bolidi a due o quattro ruote. Per questo è normale che non siano tanti i fumetti che parlando di sport, che si tratti di pallavolo, calcio o formula 1.
Tuttavia ci sono alcune eccezioni che hanno saputo trovare un ottimo equilibrio, riuscendo a far breccia nel cuore dei lettori, con un uso sapiente degli strumenti offerti dalla letteratura disegnata. E' questo il caso di Michel Vaillant, fumetto che, riduttivamente, possiamo indicare come fumetto di corse automobilistiche e che, grazie al giusto dosaggio di elementi (azione, trame coinvolgenti, buoni intrecci narrativi, ottima resa dinamica delle corse, personaggi realistici e credibili) ha saputo creare un personaggio capace di durare nel tempo tanto che, nato nel 1958, continua ad essere pubblicato con successo ancora oggi. E' con una certa sicurezza che si può affermare come Michel Vaillant sia il pilota più celebre dei fumetti, capace di gareggiare in qualsiasi tipo di competizione, sia essa Formula 1, Rally o persino Motomondiale e Motocross.  Il segreto del successo della serie risiede in molti fattori. Innanzi tutto bisogna precisare come il fumetto non si limiti a presentare una sequenza di gare e di competizioni sportive ma le incastri in trame più complesse che spesso virano in intrecci palesemente gialli, capaci di far scivolare le storie verso il fumetto d'avventura. Riguardo all'elemento preponderante, che è comunque l'automobilismo e la corsa su ruote, va detto come non sia mai scontata la vittoria del protagonista (anche se è tendenzialmente privilegiata); in questo modo i lettori non avranno mai la certezza di come andrà a finire una corsa e, seppur favorito, potrà accadere spesso di vedere Michel Vaillant classificarsi lontano dal podio o addirittura mancare del tutto il traguardo. Sul fronte squisitamente tecnico va invece sottolineata l'estrema cura utilizzata da Graton nella ricostruzione di tutto ciò che ruota intorno all'automobilismo, dalla rappresentazione realistica ed a volte innovariva delle vetture alla riproduzione fedele dei tracciati, con tanto di spiegazioni dettagliate su aspetti tecnici di vetture e piste. Anche i vari ruoli all'interno dei team, quello dei meccanici, degli ingegneri e perfino degli operai impegnati nell'assemblaggio delle autovetture, viene in più di un'occasione seguito ed illustrato da Graton. L'autore, abituale frequentatore di piste e box dei circuiti sin da bambino, si dimostra un ottimo conoscitore della materia, abile nel trasferire la sua passione tra le pagine dei suoi fumetti. Quella di Vaillant è una grande famiglia che fa capo a una grande fabbrica di automobili, la Vaillante. Tutto parte dal padre di Michel Vaillant, creatore dell'impero. Il fratello di Michel, Jean-Pierre, è anche egli pilota (non all'altezza del fratello) ma è soprattutto ingengere/meccanico che cura la progettazione dei modelli da corsa della scuderia Vaillante. Altri Vaillant del fumetto sono lo zio Benjamin Vaillant, proprietario di una fabbrica Vaillante. Il principale comprimario di Michel è il citato Steve Warson, inseparabile amico del campione e compagno di squadra, nato inizialmente come principale antagonista e nemico. Il principale avversario, anzi vera e propria nemesi, diventa così il misterioso Leader, un cattivo da fumetto che intende dominare il mondo ed è convinto di riuscirci attraverso il predominio della strada. Il Leader fa la sua comparsa nell'episodio Il muro del suono, primo di una trilogia di storie dedicata al personaggio nota come Trilogia del Leader. Ma non mancano le donne tra i protagonisti del fumetto; in primo luogo la madre di Michel, Elisabeth, apprensiva ma coraggiosa, poi fan e ammiratrici dei protagonisti (specialmente di Warson che dimostra di subire particolarmente il fascino del gentil sesso) ma non mancano le donne pilota, capaci di contendere ai colleghi maschi titoli e podio. Ma, tra le eroine del fumetto, il ruolo di primadonna spetta a Francoise Loutar, fotografa e giornalista che esordisce come una fotografa dai modi bruschi e dal carattere spigoloso evolvendo e riuscendo, un po' alla volta, a conquistare spazio al fianco di Michel tanto da diventarne la fidanzata prima e la moglie dopo (si sposeranno nell'episodio Donne e motori). Altra caratteristica del fumetto è quella di ospitare tra le proprie tavole dei campioni reali, piloti in carne e ossa, riportati con ossequioso omaggio da Jean Graton e spesso partecipanti attivi alle competizioni su pista. Tra gli 'ospiti' di Michel Vaillant di questo tipo abbiamo il campione belga Jacky Ickx, il motociclista italiano Giacomo Agostini, lo stuntman francese Gil Delamare e tanti altri.

sabato 14 gennaio 2017

LEGGENDO QUA E LA'...

da ilcerimoniale.it, COMPORTARSI e COMUNICARE


Nei numeri 3183 e il 3185 di TOPOLINO sono comparse due storie che non solo testimoniano l’esistenza delle buone maniere e del cerimoniale, ma addirittura ne tratteggiano l’importanza nella vita dei protagonisti.




Nella prima Paperinik si confronta con un capo degli Evroniani chiamato BON TON. Nella sua lingua il nome significa “colui che sa come comportarsi”, e questo gli dà l’autorità per guidare con coraggio il suo popolo. Nella seconda, il maggiordomo di Zio Paperone tenta di convincere Dinamite Bla della indispensabilità delle buone maniere. 

La circostanza ci ha incuriositi, e abbiamo cercato un contatto con gli autori per conoscere le origini di questi lusinghieri riferimenti.



Ecco la risposta ricevuta da Alessandro Sisti, autore del soggetto e della sceneggiatura della storia del numero 3183 che ha per protagonista Paperinik, dal titolo Cronaca di un ritorno. Il suo omaggio scherzoso nasce dal “convincimento, corroborato dall’esperienza di vita, che in tempi in cui denaro, notorietà e perfino l’autorità possono avere molte e diverse origini, la proprietà di comportamento è la migliore misura della qualità personale. Si tratta di un’indispensabile manifestazione di rispetto, che a determinati livelli diviene arte ed estetica (…) Nell’ambito istituzionale le forme debite assumono un peso tale da attribuire al cerimoniale importanza sostanziale come lessico espressivo”.

Il libro che di ilcerimoniale.it è il papà (Il buon Cerimoniere, Gangemi, scritto nel 1999), utilizzava i personaggi dei fumetti come “maschere” per rappresentare ordini di precedenza (viene prima Paperina o Zio Paperone?), intestazione di biglietti da visita e carta da lettere (si scrive “il Sindaco Archimede Pitagorico” o “il Sindaco dott. Archimede Pitagorico”?) e molto altro.

Alessandro Sisti ci ha fatto il regalo di dare un’occhiata a questo sito. “Me lo sono profondamente goduto, e non mi sono sfuggite le frequenti incursioni del mondo Disney, dal Pico de Paperis che funge da prototipo per la corretta scrittura degli indirizzi, alla citazione di Zio Paperone, relativa allo spreco di tempo delle riunioni. Mi hanno fatto pensare che se in qualche misura riusciamo ad essere presenti nella memoria di chi maneggia ben altri temi, forse in fondo offriamo anche noi qualcosa di buono”.

Sì, gentilissimo autore, è proprio così. C’è moltissimo di buono nello scrivere storie che sappiano far sognare piantando con noncuranza semini di fiducia nel prossimo, nella bellezza dei gesti, perfino - con la forza dell’ironia - nell’importanza delle istituzioni. Il cerimoniale e il protocollo hanno consistenza non solo giuridica, ma “democratica”, perché è attraverso la certezza delle loro forme che si manifestano lo Stato e le Istituzioni. L’individuazione delle appropriate forme di comportamento, sia individuale sia istituzionale, l’uso di simboli adeguati, consentono la veicolazione di  significati che vengono letti e interpretati, e prima o poi arrivano a destinazione, che siano giusti o sbagliati (ma a questo, putroppo, si tende a non dare più alcun rilievo).

Il nostro tentativo di trattare con leggerezza argomenti solitamente considerati minori, vecchi e barbosi, comunicandoli per quanto possibile insieme a esempi concreti e attuali, nasce dal convincimento di non essere soli. La compagnia di Topolino è inaspettata, e meravigliosa. Grazie davvero.

(Scritto con Francesco Piazza)

sabato 7 gennaio 2017

IL SONORO NEI FUMETTI: IL LETTERING.

Nel fumetto il lettering è la fase in cui vengono aggiunte le parole alle parti disegnate. Consiste in tre compiti:
(1) trovare la posizione nelle vignette per le nuvolette e per quelle altre aree di contenimento (per esempio riquadri, il più delle volte di forma rettangolare) usate per ospitare testi con funzione di didascalia descrittiva o come luoghi alternativi per dialoghi o pensieri, mediante la scelta o la creazione di una specifica forma o dimensione per tali elementi grafici, corrispondenti alla funzione linguistica che essi devono svolgere nella storia;
(2) scrivere i testi verbali dentro agli elementi di contenimento sopra menzionati;
(3) disegnare e posizionare le onomatopee visive (bang!, boom! ecc.) che possono essere richieste dallo scrittore della storia.

Il Beato Angelico: Annunciazione


Senza tornare troppo indietro nel tempo (uno dei primi esempi di testo sul disegno che suggerisce il parlato, si trova su una famosa Annunciazione del Beato Angelico), con lo sviluppo della caricatura politica in Gran Bretagna, grazie a illustratori come James Gillray (1757-1815) e George Cruikshank (1792-1878), l’uso delle nuvolette di dialogo e del lettering nelle vignette satiriche e umoristiche divenne familiare al pubblico dei lettori e costituì una base sulla quale disegnatori posteriori, anche in altri paesi europei, cominciarono a miscelare illustrazioni e vari tipi di testo alfabetico. Ciò, specialmente nel caso dei primi disegnatori-narratori che si dette il caso narrassero le loro storie illustrate usando un tipo di disegno sequenziale che conteneva già alcune caratteristiche basilari del linguaggio del fumetto: costoro dotarono le loro storie per immagini di didascalie narrative e/o nuvolette di dialogo, i cui testi erano di norma scritti a mano.
Agli inizi del fumetto cioè dalla metà degli anni Novanta dell’Ottocento negli Usa, nelle grandi vignette a tutta pagina illustrate sui supplementi domenicali di alcuni quotidiani newyorkesi e più tardi nelle strisce settimanali e poi giornaliere sui giornali pubblicati in tutta la nazione – e lungo oltre tre decenni fino ai primi anni Quaranta del Novecento, il lettering il più delle volte era eseguito dai fumettisti stessi o, nel caso degli autori più produttivi e famosi, da un assistente, ma sempre all’interno di una prospettiva artigianale circoscritta alla «bottega» dell’autore o alla redazione giornalistica; fu dagli anni Quaranta, durante l’esplosione del successo degli albi a fumetti e la nascita di molte nuove case editrici che fu sviluppata negli studi e nelle agenzie di fumetti una capillare divisione del lavoro. Tra le fasi di produzione delle storie a fumetti, il lettering assunse la sua conformazione definitiva e molti professionisti del settore si specializzarono a tal punto da cominciare a lavorare esclusivamente come letteristi, guadagnando abbastanza denaro da fare del lettering dei fumetti il loro impiego principale o unico.

Per quanto riguarda le onomatopee visive, è qui che i letteristi possono divenire veri e propri illustratori e designer: le onomatopee sono spesso né più né meno di logotipi grafici, non semplici lettere che comunichino referenzialmente un suono o un rumore. Questo tipo di scrittura, come i testi dentro alle nuvolette, può essere realizzato o a mano o al computer; nel passato, prima dello sviluppo delle tecnologie digitali, non pochi calligrafi usavano molti tipi di font adesive, organizzate in fogli di carta da lucido contenenti serie di caratteri tipografici su pellicola ultrasottile di colore nero, trasferibili singolarmente per frizione/pressione (la marca più nota in tal senso era/è la Letraset); ma la maggior parte degli artisti del lettering hanno sempre preferito creare i loro personali logotipi onomatopeici, adattando stile, forma, effetti speciali, colori, agli specifici contesti. Le onomatopee visive possono descrivere un rumore o un suono come un elemento distinto della vignetta, o possono essere posizionati fra/sopra due o più vignette o, in alcune circostanze, possono essere esse stesse vignette a forma di testo, dentro le quali l’azione ha luogo: per esempio un’esplosione disegnata e descritta dentro un riquadro sagomato come la parola «boom», o casi simili nei quali o il progettista del logo onomatopeico è il disegnatore della storia o il letterista fornisce il proprio contributo creativo alla narrazione grafica. Oltre alla ricca varietà di rumori e suoni consolidati, normalmente usati dalla maggior parte degli sceneggiatori e dei letteristi, è possibile anche inventare nuove «parole» per comunicare vecchi e nuovi suoni.


Comic Life in versione desktop e tablet


Il lettering può anche consistere, perfino oggi, nella creazione di nuove forme e nuovi codici semiotici per le nuvolette. Fino agli anni Ottanta, il lettering era una fase di produzione esclusivamente manuale; con l’avanzamento delle tecnologie informatiche, tuttavia, una nuova metodologia di lettering è stata messa a punto; da allora è stato possibile acquisire digitalmente alfabeti manuali già esistenti e precedentemente usati per i fumetti, per riutilizzarli mediante un inserimento diretto in forma digitale all’interno delle tavole disegnate (e anch’esse acquisite al computer); inoltre la tecnologia ha reso possibile la progettazione di font nuove di zecca – la cui forma e il cui stile suggeriscano una creazione manuale invece che digitale – che siano, presumibilmente, caratterizzate da un’estetica adatta all’uso per i fumetti. Il lettering computerizzato può essere eseguito mediante l’uso di diversi programmi (Corel Draw, Adobe Photoshop, Inkscape) ed esistono anche dei software specifici per la creazione di nuove font per i fumetti (Comic Life, anche in versione tablet, Clip Studio Paint e Krita, quest'ultimo gratuito).




Il lettering nei fumetti ha avuto senza dubbio un profondo impatto sull’intera forma espressiva: il fumetto è un medium anche auditivo, oltre a essere visivo, precisamente grazie all’inserimento delle nuvolette, delle didascalie descrittive e dei riquadri che racchiudono pensieri e dialoghi, delle onomatopee grafiche; diverse font, i loro formati di stile, dimensione e disposizione tipografica, contribuiscono a suggerire nella mente del lettore certe atmosfere sonore o perfino voci e timbri. Per fare un esempio, Dog Kane di Kuiry alias Francesco Gaggia, utilizza un carattere che si rifà alla classica macchina da scrivere di un tempo suggerendo così, un'atmosfera in stile anni 40, atmosfera che caratterizza tutta l'opera.

giovedì 15 dicembre 2016

ANCORA TRA FUMETTI E MUSICA.

L'intreccio ed il mutuo scambio tra fumetto e cinema, è dato per scontato. Un po' meno, si conoscono le commistioni tra il fumetto e la musica. In un post di qualche giorno fa, davamo indicazioni di come l'arte pop ed in particolare, il disegno a fumetti, abbiano influenzato negli anni dai 60 agli 80 del secolo passato, le illustrazioni per le copertine dei dischi e degli album. In alcuni casi invece, la musica ha influenzato il fumetto, ad esempio, pochi sanno che il famoso gruppo dei KISS, ha dato origine ad una serie con il loro nome i cui protagonisti sono gli stessi appartenenti alla band.



Per quanto riguarda il percorso inverso, vogliamo citare la "Storia del Rock a fumetti" a cura di Enzo Rizzi. Attraverso l'invenzione di un personaggio inquietante, chiamato HEAVY BONE, una sorta di serial killer, si tenta di narrare il Rock nei suoi aspetti più o meno veritieri tra lo storico ed il leggendario. Non mi voglio perdere in mezze parole, mi dispiace per il Rizzi, ma il lavoro è davvero scadente, sia per i testi che per i disegni. Ricalcando male e con approssimazione dilettantistica dalle fotografie, il risultato grafico è pesante, confuso e pressapochista. I testi sono sovrabbondanti e dimostrano che l'autore non conosce il linguaggio dei fumetti. Insomma, un'opera mal riuscita, la cui ristampa del 2013, non ha neanche dalla sua parte il prezzo, di ben 19,90 euro. Se l'idea di partenza era buona, non si può dire altrettanto della sua realizzazione. Ci aspettiamo, con ottimismo forse malriposto, revisioni del lavoro.




martedì 6 dicembre 2016

TOPOLINO ALL'INFERNO

Recentemente, è stato ripubblicato, a cura della casa editrice GIUNTI,
L'Inferno di Topolino.

Pubblicato per la prima volta nell'ottobre del 1949. Questa storia è apparsa in sei puntate su Topolino dal n. 7 al n. 12. Divenuta immediatamente un classico, è stata più volte pubblicata fino ai nostri giorni. Lo sceneggiatore è Guido Martina, un autore di profonda cultura, basti pensare che in questo fumetto tutte le didascalie sono in rima come nell'opera originale. I disegni sono di Angelo Bioletto, un artista poliedrico che si è distinto  nell'ambito della pittura e dell'animazione. Sempre ispirata all'opera di Dante è L'Inferno di Paperino, pubblicata Topolino n. 654 nel 987 e realizzata da Giulio Chierchini, coadiuvato da Massimo Marconi che ha verseggiato testi. Anche in questo tratta di due prolifici artisti Disney che hanno creato del volume, un episodio dedicato al sommo poeta intitolato Messer Papero e il Ghibellin fuggiasco, primo episodio di una saga che si sviluppa in sette puntate, realizzato da Giovan Battista Carpi e Guido Martina, e pubblicato su Topolino n. 1425 nel 1983. 
Testi Guido Martina didascalia in versi

Disegni Angelo Bioletto
Collana 1ª ed. Topolino n. 7-12
1ª edizione ottobre 1949 – marzo 1950

«Io son nomato Pippo e son poeta
Or per l'inferno ce ne andremo a spasso
Verso oscura e dolorosa meta.»

L'inferno di Topolino è la parodia Disney dell'Inferno dantesco, pubblicata sui numeri 7-12 di Topolino dall'ottobre 1949 al marzo 1950. Gli autori sono lo sceneggiatore Guido Martina e il disegnatore Angelo Bioletto; oltre che dei consueti dialoghi nei balloons, Martina è anche autore di un complesso tessuto di didascalie in versi che accompagnano per intero la storia. Si tratta di un vero "poema" in terzine dantesche (endecasillabi in rime incatenate secondo lo schema ABA BCB), sforzo che frutterà a Martina la menzione del nome nella prima vignetta, cosa eccezionale visto l'anonimato in cui lavoravano gli autori disneyani dell'epoca. L'Inferno di Topolino, oltre a essere considerata uno dei capolavori di Martina, è stata la prima Grande Parodia Disney italiana.
La storia si apre con il finale di una recita teatrale della Divina Commedia con Topolino nella parte di Dante e Pippo in quella di Virgilio. Invidioso del successo riscosso, Gambadilegno fa ipnotizzare da un complice i due nemici di sempre, i quali continuano a comportarsi come Dante e Virgilio. Dopo una sfuriata di Minni, presa da Topolino per Beatrice, Topolino e Pippo si recano in biblioteca per saperne di più su quel Dante per cui devono "soffrir tanti martìri"; alle prese con un gigantesco tomo della Commedia, i due cadono ben presto in preda al sonno, e Topolino viene catturato dal ramo di un albero dell'illustrazione (di Gustave Doré) della selva e portato all'Inferno... Qui incontra ben presto Pippo-Virgilio, e inizia la loro lunga peregrinazione alla volta della "oscura e dolorosa meta" dove pregare Satana di farli uscire dal "doloroso passo".

Il viaggio dei due è suddiviso in Canti sul modello della Commedia.

Canti I-II: il Canto I non è presente nella storia, che inizia dal secondo con la scena della selva oscura. Tuttavia il celeberrimo incipit "Nel mezzo del cammin di nostra vita" viene parodizzato nell'introduzione da "Correva l'anno tal dei tali"; inoltre la scena del sonno di Topolino e Pippo corrisponde al verso dantesco "Tanto era pien di sonno in su quel punto". Topolino, nella valle che gli ha "di paura il cor compunto", incontra subito Pippo a bordo di una vecchia bicicletta; dopo una breve spiegazione, Topolino viene incoraggiato da Pippo ("Muoviti, ribaldo!") (nell'edizione originale l'incitamento di Pippo/Virgilio era "muoviti maledetto", che poi è stato, per motivi oscuri, forse di censura, modificato in "muoviti, ribaldo", e in "muoviti, insomma" in altre edizioni) e alcuni diavoli ad intraprendere il viaggio verso il profondo Inferno.
Canto III: Topolino e Pippo non incontrano né la lupa né la lonza, ma in compenso un leone con le mansioni di vigile tenta di multarli per l'assenza di fanale e catarifrangente. Topolino si libera del leone con un gancio sinistro, e i due viandanti giungono infine alla porta dell'Inferno. Tra le iscrizioni presenti, campeggia "Tenere la sinistra: la destra è stata smarrita" che parodizza il dantesco "sì che la diritta via era smarrita". Topolino e Pippo si presentano al cospetto di Caronte, il quale tenta di allontanarli ma poi accetta di imbarcarli dopo aver saputo che sono poeti (e quindi "sempre morti di fame"), anche se Topolino si confonde presentandosi come colui che ha cantato "le donne, i cavalier, l'armi, gli amori" (al che, Pippo lo sgrida: "Per Giove, sei un ignorante: l'ha scritto Ariosto, non l'ha scritto Dante!")
Canto IV: Topolino e Pippo entrano nel limbo, in cui gli studenti si vendicano di coloro "che fanno tristi gli anni della scuola": Orazio, Platone, Cicerone, e soprattutto la personificazione dell'Aritmetica. Poi incontrano - come Dante - Omero e Giulio Cesare, ma anche la personificazione del Sofisma e della Filosofia.
Canto V: Topolino e Pippo scendono nel secondo cerchio, in cui nel salone di bellezza di Minosse vengono puniti i vanitosi che "in testa non avevano cervello/ma solo brillantina sui capelli". Nella Commedia Dante incontra - dopo Minosse - i lussuriosi (tra cui Paolo e Francesca) che volano in balìa del vento: nella storia ciò si traduce in una bufera che travolge coloro che si "davano arie".
Canto VI: I due protagonisti si ritrovano nel cerchio dei golosi, e scampano per poco a Cerbero; Pippo cade nella padella di un diavolo che lo offre a Qui, Quo, Qua a mo' di cappone. I tre fratelli, però, salvano Pippo e tornano in Terra redenti dalla buona azione. Nella Commedia e nella storia il canto si chiude con il verso "Quivi trovammo Pluto, il gran nemico".
Canto VII: Topolino e Pippo incontrano in effetti il cane Pluto, che Pippo riesce a distrarre con un osso di seppia per canarini. Come nell'Inferno, in questo canto troviamo avari e prodighi: Topolino e Pippo incontrano tra gli avari il cassiere Eli Squick, che "sol godeva udendo fare click / Nel chiudere il portello del forziere".
Canto VIII: I due "poeti" entrano - come Dante e Virgilio - nella barca di Flegias per attraversare la palude Stigia, dove sono puniti i litigiosi ("Sembra di assistere a una partita di calcio!"). Come Dante viene aggredito da Filippo Argenti, Pippo viene assalito da un professore che pretende di dargli zero in tutte le materie (la satira dell'ex-insegnante Martina contro i colleghi "che gli studenti fanno viver grami"). Scesi dalla barca, giungono alle porte della città di Dite ("Città di Dite - Riscaldamento autonomo"), ma come nell'Inferno una guardia di diavoli impedisce il passaggio. Se nel canto Nono dell'Inferno giungeva un messo del cielo ad aprire la porta, nella storia interviene Dumbo che potrebbe portare in volo Topolino e Pippo se non avesse il "serbatoio vuoto". A questo punto calano su di loro le due furie Eulalia ed Enza, che soffiano dal naso un ciclone di fiamme: Topolino le sfrutta quindi come motore a reazione legandole ai fianchi di Dumbo.
Canto IX: Topolino e Pippo sorvolano l'area degli "scoperchiati avelli" in cui, invece degli eretici, sono puniti gli iracondi che "prendevano fuoco troppo facilmente".
Canto X: Dante qui ha un battagliero colloquio con il guelfo Farinata degli Uberti; Topolino trova invece Gambadilegno, che lo sfida ad un incontro di lotta. Tale incontro prende le sembianze di un vero evento sportivo, con Cucciolo (che dovrebbe essere muto) nella parte di radiocronista. Infine, da un'arca salta fuori Paperino, che vorrebbe fuggire ma viene rinchiuso da Topolino e Pippo: scaglia quindi una maledizione ("Vi seguirò per tutto l'inferno!").
Canto XI: Saltato per sfuggire a Paperino.
Canto XII: Il Minotauro dantesco è rappresentato da Toro Seduto in motocicletta; in luogo dei centauri, poi, Topolino e Pippo incontrano I tre caballeros su un tappeto volante: Paperino, José Carioca e Panchito. Paperino continua a mostrarsi ostile, e viene congedato da Topolino con un calcione ("Guarda la virtù mia s'ell'è possente!").
Canto XIII: Analogamente alla Commedia, Topolino-Dante e Pippo-Virgilio si addentrano in una squallida selva "in cui già padre Dante aveva notate / non fronde verdi, ma di color fosco". Alberi secchi, prati polverosi, frutti velenosi rendono la selva somigliante al "Parco di Milano". Topolino e Pippo riescono a salire su un minuscolo treno in transito, ma la loro corsa termina ben presto contro un albero. I due amici vengono assaliti dalle Arpie, che inizialmente hanno le sembianze della strega di Biancaneve e poi si rivelano essere tanti Paperini inferociti. Tentando di scacciarli, Topolino stacca un ramo da una pianta, ma si accorge di aver lacerato un peccatore tramutato in albero (come Pier della Vigna). Si tratta di Cosimo, giovane cugino di Clarabella, che spiega come nella selva siano puniti i violenti contro le cose e in particolare gli studenti che danneggiavano banchi e muri. Il contrappasso consiste nell'essere usati per costruire banchi scolastici, posti in un'aula popolata di somari (invece delle cagne dantesche) e sistematicamente distrutti a calci. A interrompere la pena è l'intervento della Fata Turchina (erroneamente chiamata Biancaneve), con l'aiuto del Grillo Parlante che convince i bambini a ottemperare ai propri doveri con coscienza.
Canto XIV: Non viene citato (nella Commedia vi sono i violenti contro Dio).
Canto XV: Qui Dante incontra, tra i violenti contro la natura (i sodomiti), il vecchio maestro Brunetto Latini, con il quale ha un cordiale dialogo. Analogamente Topolino, procedendo in un deserto su cui piovono fiamme, incontra il suo vecchio maestro di scuola: egli è punito per l'aver "predicato bene" e "razzolato male". L'interpretazione delle fiamme cambia radicalmente: se nella Commedia rappresentano la passione insana, nella storia sembrano neve e in realtà sono fuoco, come i peccatori che sembrano buoni e in realtà sono malvagi.
Canto XVI: Saltato perché "contiene gli stessi peccatori del XV, e poi sappiamo già di cosa si tratta!".
Canto XVII: Dante e Virgilio scendono in Malebolge in groppa al mostro che simboleggia la frode, Gerione; Topolino e Pippo si affidano a un drago che li avverte: "Stiamo entrando nella parte più terribile di tutto l'inferno!". Al "Gran Bar di Malebolge", infatti, sono puniti i "frodatori" - tra cui Fratel Coniglietto - a mollo in un mare di pece con le sembianze di cioccolata, che richiama la pena dei barattieri del canto XXI dell'Inferno. Viene parodizzato anche l'inganno dello scaltro Ciampòlo ai danni dei diavoli nel canto XXII: Fratel Coniglietto riesce a fuggire alla pena trascinando al suo posto Compare Orso.
Da qui in poi i numeri dei canti non sono più segnalati, ma alcuni si possono ricostruire a partire da episodi corrispondenti nella Commedia.
Canti XVIII-XIX: Non presenti. Nella Commedia vi sono i ruffiani e seduttori, gli adulatori e i colpevoli di simonia.
Canto XX: Come Dante, Topolino e Pippo incontrano gli indovini (ed Eta Beta), costretti a girare come trottole con un sacco sulla testa. Curiosità: alcuni di essi sono raffigurati con delle schedine davanti a un tabellone di risultati di partite di calcio, tra cui spiccano "Venezia-Juventus 12-0", "Inter-Milan 6-1"" Internazionale e Totò-Macario 0-0".
Canti XXI-XXII: Vedi Canto XVII.
Canto XXIII: Qui Dante trova gli ipocriti, mentre Topolino e Pippo assistono alle pene dei suggeritori e degli alunni che marinavano la scuola fingendo di essere malati.
Canti XXIV-XXV: Invece dei ladri della Commedia, Topolino e Pippo trovano Ezechiele Lupo alle prese con I tre porcellini: dopo il tentativo fallito di rapirli per mangiarseli, il "re dei ladri" viene ridotto a mal partito da un'esplosione, un attacco di galline (corrispettivo dei serpenti danteschi) e un tiro di schioppo.
Canto XXVI: Il celeberrimo canto di Ulisse. I consiglieri fraudolenti, nella storia, sono i giornalisti. Topolino e Pippo incontrano Flip, l'animaletto di Eta Beta, all'avvicinarsi del quale "la verità viene a galla": e infatti i giornalisti iniziano a scrivere per terra con la lingua "Io fui bugiardo". Poco più in là i due incontrano una fiamma cornuta che racchiude (invece di Ulisse e Diomede) le due anime di Paperino: una metà buona e l'altra cattiva. Topolino e Pippo riescono a spegnere la fiamma cattiva, e così il Paperino "buono" accompagna i due amici verso la "Gelateria della Giudecca".
Canti XXVII-XXXII: Non presenti.
Canto XXXIII: Il canto del Conte Ugolino. Topolino incontra l'arbitro di calcio Ugolino, intento a rosicchiare un pallone, che gli racconta la sua fine ("Parlare e lagrimar vedrai insieme!"): egli arbitrava a Pisa "una partita / ch'avea in palio il titolo di campione", e per salvare la squadra che gli aveva dato un milione, non fischiò un rigore. Egli morì, infine, per gli accidenti lanciati dai tifosi. Ugolino dà un morso ancora più forte al pallone ("Ahi football, vituperio delle genti!") causando uno scoppio che catapulta Topolino, Pippo e Paperino verso la voragine dell'inferno più profondo.
Canto XXXIV: Dante vede Lucifero al centro del lago di Cocito intento a maciullare Giuda, Bruto e Cassio. Ne descrive la mostruosità e il cammino compiuto da lui e Virgilio sul suo corpo, salendo per un oscuro cammino a "riveder le stelle". Topolino, da parte sua, incontra lo stesso Dante che punzecchia con una gigantesca penna i "traditori massimi", cioè gli autori della storia. Essi confessano di averlo tradito scrivendo e disegnando la parodia del suo Inferno; Topolino tuttavia ferma Dante e gli fa sentire il coro dei ragazzi felici per aver letto la storia. Al grido di "Perdono!" e "Assoluzione!", Dante assolve "con la condizionale" i due autori, che lo ringraziano e promettono di non tradirlo più. Dante, infine, vedendo partire i tre pards e i due autori lascia loro il suo ultimo messaggio: se nella Commedia gridava "Ahi, serva Italia, di dolore ostello!" oggi affida al suo verso "la certezza / D'una speranza bella e pura" (si ricordi che l'Italia era appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale), concludendo il canto con "Il ciel per te s'accenda di fiammelle / Splendenti a rischiararti ancor la via / Sì che tu possa riveder le stelle! Dio ti protegga, Italia. Così sia!".